ANALISI DEL MONDO DIGITALE: Il PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI INTERNET
di Glauco BENIGNI
Ho sostituito alcune parole chiave, nell’enunciazione del Principio di Indeterminazione di Heisenberg, con altrettante parole chiave usate nei moderni teoremi della Comunicazione e ho ottenuto il seguente Principio di Indeterminazione in Internet.
«Nell’ambito di Internet, in cui si generano effetti grazie a narrazioni/contenuti fatte di interminabili sequenze di 0 e 1, trasportabili, ricostruibili e modificabili ad altissime velocità, le precedenti leggi deterministe dei Media Classici, basate su “causa-effetto”, (per esempio i mitici “cui prodest” o “follow the money”), non conducono a una completa determinazione di ciò che accade nella scena descritta (la società globalizzata). La Manifestazione in progress, (di una Cronaca che tende tumultuosamente a sostituirsi alla Storia, nelle aree di consenso/dissenso che si determinano per mezzo delle interazioni digitali,) è piuttosto soggetta al gioco del caso. Il “caso” va inteso come l’interazione di un numero indefinito di “fonti” e “azioni” – incluse quelle anonime e/o segrete – che si intersecano e si annichilano senza alcun governo centrale.»
(Libera elaborazione da: Annali matematici di Heisenberg, 1926)
C’è da aggiungere anche che il caso può essere inteso come “la manifestazione di leggi complesse che ancora non conosciamo”.
L’applicazione del Principio di Indeterminazione di Heisenberg in Internet, fra l’altro, rende ampia ragione dell’impossibilità, mediante l’esclusiva osservazione esterna, di determinare le origini e gli intenti delle Fonti, in quanto noi nel semplice osservare restiamo totalmente estranei al Cybermondo. E inoltre una Fonte-notizia (spesso) esclude l’altra. Quando una notizia viene smentita da un’altra, nella nostra coscienza il loro effetto congiunto tende a zero: è un processo assolutamente simile all’annichilazione di cui parla Heisenberg.
L’informazione nel web è di fatto una dimensione a sé, una nebulosa digitale (non materica), con leggi proprie, ancora in gran parte sconosciute, che usa sì molteplici elementi materici tipici dei Media Classici (infrastrutture di distribuzione, testi, foto, filmati, ecc.) ma nella quale non possiamo addentraci con gli strumenti d’indagine e le Leggi della Tradizione per coglierne interamente la natura. Vi sono infatti due sostanziali elementi di indeterminazione nel web che si rafforzano e alimentano a vicenda: l’onnipresente dualità “vero/falso” e la potenziale non-localizzazione delle Fonti.
Il Principio di Indeterminazione in Internet rappresenterebbe dunque una nuova chiave di volta della Rete Digitale. Esso dovrebbe sancire il sostanziale indeterminismo delle narrazioni, delle valutazioni e dei giudizi finali e suggerire finalmente un nuovo tipo di approccio alla Società Globalizzata che deve sottrarsi totalmente alle Leggi deterministe e manichee della Comunicazione classica e delle altre conoscenze generali orientate in modo coatto dalla tradizione newtoniana.
La misurazione simultanea
L’impossibilità di conoscere e misurare con precisione simultaneamente due Fonti in contrasto equivale all’impossibilità di formulare Verità, per dirla con Heisenberg: «senza un’incertezza ineliminabile».
Un esempio di misurazione simultanea: tutti gli attori noti e anonimi dei recenti scontri in Siria o Ucraina presenti allo stesso tavolo materico (stesso Luogo, stesso Tempo), ascoltati e osservati mentre ognuno riporta la propria versione senza temere alcun giudizio e alcuna punizione e senza rivendicare alcun primato. Impossibile! Solo in questo caso teorico però l’indeterminazione tenderebbe a zero. I concetti di giudizio e punizione rimandano alle pratiche che si svolgono nei Tribunali dove infatti si cerca di portare a galla la verità processuale. Ma i Media Classici non sono Tribunali, anche se per tanto tempo hanno giocato questo ruolo.
Nel web, il fatto che tutti gli attori noti e anonimi si manifestino da luoghi e in tempi diversi fa sì che l’indeterminazione tenda al massimo: al Caos. Non è un caso (o forse lo è?) che il gruppo di hacker di Amburgo nel quale – secondo alcune fonti – è stato allevato Julian Assange si era definito “Chaos Computer” già nel 1988.
Ma esiste una strategia condivisa e organizzata degli hacker finalizzata al raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi? Probabilmente no!
Esiste una strategia condivisa e organizzata da parte dei Governi (Fonti e Azioni ufficiali) e delle loro strutture e sottostrutture di Intelligence (Buchi Neri che comunque producono la sequenza fatti-narrazioni )? Certamente no!
Quindi sono in corso N. guerre diverse tra N. soggetti che hanno valori, aspettative e tradizioni diverse e che non prevedono vincitori e vinti classici, né buoni e cattivi classici.
Questa condizione di indeterminazione non è dovuta (solo) a una conoscenza incompleta, da parte dell’osservatore-analista, dello stato in cui si trova lo scenario osservato, ma potrebbe considerarsi una caratteristica intrinseca, quindi ultima e ineliminabile del Mondo Digitale. Il fatto è che il web è nel Mondo ed è “anche” il Mondo. E pertanto estende la sua caratteristica dovunque ci siano oggi un PC, un tablet, una tastiera, un mouse, un videotelefono cellulare e delle reti in grado di stabilire la connessione.
Nella Storia degli Umani – diranno i più cinici e avveduti – è sempre andata così! Le sequenze fatti-narrazioni intrise di vero-falso favorevole all’Osservatore Dominante hanno da sempre dato conto della Storia Ufficiale. Ma prima non c’era il Web planetario, le informazioni non circolavano alla velocità con la quale circolano oggi, non c’erano gli smartphone che riprendono la realtà e la sbattono in Rete con pochi click. Non c’erano gli Mbps, ovvero i Mega bits per second, ovvero i milioni di bit al secondo che entrano ed escono dai nostri strumenti digitali disegnando e ridisegnando la politica, la finanza, il commercio, la guerra, la cultura, il tempo libero, il lavoro, ecc. La Storia la scrivevano i vincitori e si poteva credere e far credere di avere in biblioteca la Verità. Una verità ossuta, autoritaria, implacabile. Sacra. Newtoniana.
Oggi, il rifiuto ostinato dell’approccio indeterminato è il segno di un basso livello di evoluzione è un atteggiamento tipico di identità rigide (inflessibili ma fragili) che hanno bisogno di identificazioni ombrello sotto le quali ripararsi, invece di esercitare un tollerante e partecipante attivismo, magari innervato da una sana com-passione.
Certo! Tutto ciò può apparire complicato e aggirabile, mentre invece è complesso e inevitabile. In certe giornate è più facile schiantarsi in poltrona a guardare uno dei tanti TG che trabocca di “verità classiche” piuttosto che fare lo slalom tra le Fonti e le interpretazioni. Ma… è il Digitale, bellezza!
Nella meccanica quantistica, il Principio di Indeterminazione ha posto fine al determinismo così come lo aveva teorizzato in origine Isaac Newton e rielaborato in tempi più recenti il marchese De Laplace. Si noti che oggi anche le leggi fisiche ammettono una molteplicità di soluzioni.
Bisogna dunque tenere a mente che quanto accade nella Storia e nella Geopolitica si deve sempre ricondurre a molteplici attori, a contrastanti origini e attendersi “incertezze ineliminabili” e sviluppi imprevedibili, senza introdurre vincoli tali da ridurre a una sola la causa e a uno l’effetto possibile, ma tentando di valutare, per lo meno, N. Cause e N. Effetti possibili. Per esempio, bisognerebbe accettare e riconoscere che chiunque può cambiare opinione e direzione in corso d’opera. Che molti mescolano vero e falso per conto di qualcuno o per paura di qualcuno, o semplicemente perché lo ritengono opportuno. Bisogna ammettere che non è un Governo o un Servizio Segreto che decide di fare un’azione, ma “pezzi” di Governi o “pezzi” di Servizi Segreti che operano affinché accada qualcosa; spesso, troppo spesso, senza l’autorizzazione o il consenso trasparente dei vertici o magari con un loro tacito inespresso consenso.
La teoria della meccanica quantistica – e dell’informazione quantistica nel web – non predice, né prevede più un’unica soluzione o una sola verità, ma un insieme di soluzioni e/o visioni associate a probabilità. È buona pratica infatti ipotizzare “scenari” piuttosto che emettere sentenze e giudizi. I sociologi si sforzano da decenni di far accettare il concetto di uniformità tendenziale al posto del concetto di verità, ma gli Opinionisti, i Titolisti e i loro Editori non amano questo stile che considerano vago, non utile all’organizzazione del consenso e procedono in ranghi serrati nella compilazione delle liste sulla lavagna dei Media Mainstream: buoni – cattivi, vincitori – vinti, terroristi e non, ricordando spesso beotamente che i Mercati non amano l’incertezza e ammettendo dunque che non sono al servizio della Società Civile, ma dei Mercanti.
Di fatto, nei Media (tutti, in questo caso), come nella meccanica quantistica: quanto più è fintamente precisa la verità divulgata (la misura impossibile), tanto più essa è perversa, invasiva e soprattutto modifica il fenomeno da misurare.
Il prodotto delle incertezze, intese quali visioni probabilistiche, comunque non deve essere superiore al diritto e al dovere di osservare, commentare, formulare scenari e intervenire conseguentemente. La condizione che dovrebbe muovere gli Umani nel XXI secolo è che si continui a misurare e valutare costantemente ogni Causa-Fonte, anche quelle apparentemente minori, e ogni Effetto da esse generato. Purtroppo questa non è la convinzione dominante: quindi il contrasto tra buoni e cattivi perdurerà per chissà quanto tempo.
Tornando al Cyberspazio: come già accennato, esso è tanto ricco di fluttuazioni informative quanto di omissis, ed è denso di coppie di affermazioni vero/falso che si creano e si annichiliscono a vicenda, al punto di essere considerate onde informative virtuali (butterflies news, notizie farfalla che durano un giorno), ma in realtà esse possono perdurare nelle pieghe delle memorie digitali-virtuali costruite con miliardi di miliardi di 0 e 1 (i terabytes) e restano, se reperite, in qualche modo efficaci.
Battutacce tra scienziati ricchi e famosi
Einstein mise in discussione il Principio di Indeterminazione con la frase: «Non credo che Dio abbia scelto di giocare a dadi con l’Universo». Bohr, che era uno dei sostenitori dell’Indeterminazione, gli rispose: «Einstein, smettila di dire a Dio cosa fare con i suoi dadi». Recentemente Stephen Hawking ha aggiunto: «Einstein […] sbagliò quando disse: “Dio non gioca a dadi”. Le sue considerazioni sui Buchi Neri – [e la Comunicazione ne è piena] – suggeriscono infatti che: “non solo Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonde gettandoli dove non li si può vedere».