PSICOTOPO QUINTA PUNTATA: IL PIANETA DEI TOPI UMANOIDI
I topi ci assediano, ci divertono, ci perseguitano, ci fanno compagnia ma anche assurgono a protagonisti dei nostri peggiori incubi. Di tutto questo ed altro ancora se ne parlerà il prossimo 22 novembre. Intanto continua la nostra indagine nella misconosciuta società dei topi.
I primi esperimenti dell’etologo dei topi John Bumpass Calhoun vennero condotti nel 1947 in una fattoria presso Rockville, nel Maryland. Calhoun partiva dall’assunto ipotizzato da Thomas Malthus (teorico delle conseguenze della sovrappopolazione) che considerava limiti assoluti alla crescita della popolazione sia la miseria che il vizio. La miseria, che nel campo pratico si basa sulla predazione, sulle malattie e sulla scarsa quantità di cibo. Calhoun quindi si chiese quali fossero gli effetti del comportamento sociale sulla crescita della popolazione: viceversa gli effetti della densità di popolazione sul comportamento. Durante i primi test posizionava fra i 32 ed i 56 roditori in scatole (da tre per quattro metri) dentro un granaio nella contea di Montgomery. Quindi separava l’habitat in quattro stanze distinte. Ogni stanza era stata specificamente creata per sostenere una dozzina di ratti grigi maturi. I ratti potevano spostarsi fra le stanze usando delle rampe. Calhoun provvide la colonia di risorse illimitate, come acqua e cibo, ad eccezione dello spazio disponibile: forniva loro protezione dai predatori, così come dalle malattie e dalle condizioni meteorologiche avverse. Creava ciò che uno psicologo avrebbe appellato come il “paradiso per ratti” o l'”utopia per ratti”. In questo modo, eliminati tutti i limiti fisici, ad eccezione dello spazio disponibile, solo il comportamento degli individui avrebbe influenzato la crescita della popolazione. Ed i topi sono un po’ come gli umani, hanno personalità diverse, e condizionate da molteplici esperienze di vita.
Compagnia e poi etologia: osservando il ratto
L’uso sporadico dei ratti norvegesi come animali da compagnia è attestato nel Regno Unito almeno dalla metà dell’Ottocento. Nell’Inghilterra vittoriana i ratti da compagnia iniziarono a differenziarsi da quelli selvatici attraverso la selezione operata da pochi pionieri del breeding (la selezione tramite incroci). Nel libro “London Labour and the London Poor” di Henry Mayhew sulla vita quotidiana della povera gente di Londra (1851) vengono citati almeno due personaggi che avevano a che fare con la selezione di ratti: Jack Black, “Acchiapparatti di Sua Maestà” (la Regina Vittoria), e Jimmy Shaw, direttore di un club di combattimento fra animali. Black, che si interessava tra l’altro del breeding di razze canine, prese l’abitudine di risparmiare alcuni dei ratti che catturava, scegliendo quelli con le colorazioni di pelo più insolite e incrociandoli per ottenere ratti particolarmente “carini” da vendere come animali da compagnia. I suoi clienti erano principalmente signorine benestanti dell’alta società vittoriana. Nella loro attività di allevamento selettivo di ratti, Shaw e Black trassero probabilmente ispirazione dall’analoga pratica di allevamento selettivo di topi “colorati”, detti anche fancy mice: diventata popolare in Europa e nel Regno Unito già all’inizio del secolo romantico. La popolarità dei topi colorati continuò ad aumentare per tutto l’Ottocento, culminando nella fondazione nel 1895 del National Mouse Club (“club nazionale del topo”): organizzazione tutt’oggi esistente e che si occupa tra l’altro di definire standard estetici e di organizzare mostre e competizioni, e c’è il loro zampino nella messa al bando delle derattizzazioni.
Uomini, topi,suini, simili ma in guerra
Si può agilmente sostenere che il mondo odierno assista alla contesa del territorio tra uomini, topi e suini. Tre differenti specie animali, tanto simili da poter permettere all’uomo di testare farmaci umani su ratti e maialini. Una percentuale di oltre i 70% di similitudini genetiche, come ebbero a dimostrare più di sessant’anni fa i genetisti James Watson e Francis Crick, alla base della sperimentazione. Ma come differisce la regolazione dei geni? Se topi ed esseri umani condividono circa il 70 per cento delle sequenze geniche che codificano per proteine, un numero significativo di geni del topo non si comporta come le controparti umane. La causa di questa differenza va ricercata nei geni e nelle sequenze di DNA che hanno la funzione di regolare i livelli ed i tempi di espressione degli altri geni.
Questa scoperta ha importanti implicazioni per la ricerca medica. In quest’ultima il topo è sempre stato considerato un modello di riferimento per lo studio delle malattie umane. “L’ipotesi era che tutto ciò che si scopre nel topo fosse probabilmente vero anche per l’essere umano” spiegava Bing Ren (dell’Università della California di San Diego, uno dei coordinatori del progetto Mouse ENCODE). “Uno dei vantaggi – spiega Ren – è che benché i topi si siano dimostrati molto diversi dagli esseri umani in alcuni aspetti, ora sappiamo esattamente in quali casi sono diversi (in modo da tenerne conto e trovare o sviluppare un modello migliore) e in quali il topo continua ad essere un buon modello”. “Uomini e topi: come differisce la regolazione dei geni – secondo Le Scienze -… è la conclusione che si può trarre dall’enorme corpus di dati che i ricercatori del progetto Mouse ENCODE hanno iniziato a pubblicare su varie riviste, e di cui è offerto un panorama generale in un articolo su Nature”. (Fonti le pubblicazioni di: Nature, Science, Nature Communications, Proceedings of the National Academy of Sciences, Genome Research, Genome Biology, Blood).
Codice Topo
Mouse ENCODE è la più importante banca dati sulla genetica dei topi, una ricerca utile a uomini, topi e suini. Il progetto ENCODE (Encyclopedia of DNA Elements) dal 2003 ha iniziato a descrivere gli elementi potenzialmente funzionali del genoma umano, creando una mappa delle regioni genomiche a cui si legano i fattori di trascrizione e le RNA polimerasi (gli enzimi che attivano la trascrizione RNA), e librerie di sequenze di RNA messaggero ed altri dati relativi alle modificazioni chimiche che interessano le cosiddette proteine istoniche (quelle attorno a cui si avvolge il DNA per formare la cromatina dei cromosomi) e che rendono accessibili o inaccessibili ai fattori di trascrizione i geni. “La maggior parte delle malattie umane, dal diabete al disturbo da deficit di attenzione e iperattività alla malattia di Parkinson, in realtà derivano dal una errata regolazione dell’espressione dei geni”, spiega Michael Beer (Johns Hopkins University) ricordando che, sia nell’uomo sia nel topo, i geni che codificano per proteine rappresentano solo l’1,5 per cento dei rispettivi genomi. Le Scienze ha pubblicato l’analisi di 124 diversi tipi di cellule e tessuti di topo, ed i ricercatori hanno scoperto che, a dispetto dell’elevata conservazione dei geni codificanti durante i 75 milioni di anni di evoluzione che ci separano da questo roditore, però i programmi che ne regolano l’espressione sono cambiati in modo significativo. In svariati casi, ogni specie si è evoluta per trovare modi diversi di fare le stesse cose: il topo e l’uomo si adattano in modo diverso ad un cibo od a come ripararsi da caldo e freddo. Oggi suini, ratti e uomini sarebbero tornati a lottare per il territorio: l’uomo si finge buonista verso il topo, ed intanto cinghiali e ratti tentano di usurpare l’affetto che da migliaia d’anni viene elargito a cani e gatti.
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