PSICOTOPO QUARTA PUNTATA: RAPPORTO MILLENARIO CON VISIONI DIVERGENTI
PSICOTOPO QUARTA PUNTATA: RAPPORTO MILLENARIO CON VISIONI DIVERGENTI
Il prossimo 22 novembre si terrà a Roma un convegno in cui si tratterà dei problemi legati alla convivenza tra uomini ed animali. Nello specifico come contenere numericamente le specie più nocive, che aggrediscono le scorte alimentari come la vita domestica dell’uomo sia in ambito rurale che urbano. Quindi il problema delle sanificazioni e delle igienizzazioni corrette, a norma, soprattutto che non compromettano la vita di uomini ed animali sia domestici che selvatici: consci che oggi avvelenare i topi faccia parte d’un passato ormai lontano, e che sia sempre meno corretto parlare di derattizzazioni. I topi c’è chi li ama e chi li odia: le polemiche tra i due gruppi non mancano soprattutto in Italia, mentre nel nord Europa ormai da decenni si parla di controllo e contenimento. Queste ultime sono misure che dovrebbero essere operate da specialisti del settore, formati ed abilitati (muniti d’un patentino che abiliti all’uso di principi attivi per il contenimento).
La topofilia (dal greco topos “luogo” e “philia , “amore per”) era da intendersi fino a qualche anno fa come un forte senso del luogo, che si mescola al senso di identità culturale di certe persone, all’amore per certi aspetti di un tale luogo. Oggi la topofilia è anche l’amore per i roditori, come in India, come nella città del Tempio dei Topi: il romano “toparo” che offre cibo ai topi per “profondo disprezzo verso l’umanità” (forse intende l’estinta umanità) lascia spazio a molteplici considerazioni, che avremo modo d’affrontare.
I motivi alla base della venerazione del topo nel Nord dell’India sono molteplici, a volte divergenti. Secondo una leggenda, ma con base pseudo scientifica, i topi avrebbero portato via la peste e per questo sarebbero amati. Altra leggenda narra che Lakshman, figlio di Karni Mata (a cui è dedicato il tempio), annegava in uno stagno mentre tentava di abbeverarsi. Karni Mata implorava che Yama (dio della morte) potesse rianimarlo. Yama rivolgeva la propria pietà al nobiluomo, permettendo a Lakshman ed a tutti i figli maschi di Karni Mata di reincarnarsi nei topi. Ecco che dalla notte dei tempi nel Nord dell’India mangiare cibo rosicchiato dai topi è considerato “alto privilegio” (era gesto dei mahārāja), atto che riporta anche sul sentiero d’un lontana pestilenza fugata dai ratti. Chi malauguratamente uccidesse un topo, verrebbe in quella terra socialmente condannato, e sul reprobo peserebbe l’incombenza di dover sostituire il roditore con una statuetta d’argento massiccio, da deporre silenziosamente nel tempio.
La leggenda che il ratto nero (d’origine mediorientale) porti la peste più di quello bruno ha preso forma nel Medioevo. Eppure già durante l’Impero romano c’era stata una importante pestilenza, causata da ratti neri saliti sulle navi salpare per Roma da Alessandria d’Egitto. Secondo alcuni la prima guerra batteriologica moderna sarebbe stata orchestrata dai musulmani che, durante le crociate, organizzarono d’imbarcare segretamente molti ratti neri sulle navi dei combattenti cristiani: salpavano da Acco (San Giovanni d’Acri) per tornare in Europa. Il moli dei porti europei venivano così invasi dai ratti e uomini moribondi, e la peste si diffondeva tra città, castelli e contado. Così nell’immaginario collettivo il roditore venuto dal mare assurgeva a vettore della peste: è la prima pandemia narrata dalla storia ufficiale. Già durante l’impero di Giustiniano, l’Impero Romano d’Oriente era stato colpito tra il 541 ed il 542 d.C. da una terribile peste nera: il ratto nero veniva posto per la prima volta sul banco degli imputati. Poi l’Europa tra il XIV e il XIX secolo subiva la più pervicace forma di peste nera, che tra il 1347 e il 1352 uccideva un terzo della popolazione dalla Lusitania al Caucaso e dall’Italia alla Svezia. Ma il povero ratto era solo un vettore, la vera causa della peste era nei liquidi secreti dalla pulce dell’uomo (Pulex irritans) e dal pidocchio del capo (Pediculus humanus): parassiti che, nella fredda Europa, trovavano sovente riparo nella folta pelliccia del ratto nero.
Recentemente, durante la pandemia da Covid 19, si sono diffuse in rete le immagini di contadini cinesi che si cibano di topi delle risaie. Poi s’era anche parlato d’una sperimentazione genetica fatta in Cina, per costruire l’animale con maggiore resa in carne e prolificità al mondo: una sorta di maialino che possiederebbe nel Dna parte del patrimonio genetico del topo delle risaie. Un animale, un toposuino, in grado di sfamare il mondo intero: su questo brevetto insisterebbe un segreto militare cinese. Resta il fatto che la Cina ha abbattuto nel 2019 circa 700mila suini rivenienti da centri di ricerca zootecnica, e per peste suina. Oggi il ratto è nuovamente sul banco degli imputati in Italia, e perché in troppi sosterrebbero avrebbe contagiato molti suini selvatici, soprattutto i cinghiali romani. Si sospettano anche due salti di specie, ovvero uomini contagiati da peste suina. Cosa c’è di vero in questo scambio tra ratti e cinghiali? Forse parassiti che infestano il pelo e la pelle di roditori e suini?
Il pifferaio magico di Hamelin (Der Rattenfänger von Hameln, “l’accalappiatore di ratti di Hameln”) troverebbe ispirazione in una leggenda nata nella Bassa Sassonia, ad Hamelin. La narrarono i fratelli Grimm e venne messa in versi da Wolfgang Goethe. La leggenda del pifferaio magico si sarebbe fortificata verso la seconda metà del XIVesimo, probabilmente a seguito della peste che spazzava in lungo e largo la Germania. Il cui agente, il bacillo Yersinia pestis, trovava un efficace vettore tra pulci e zecche trasportate dai ratti. Gli animalisti (soprattutto i “topofili”) sostengono sarebbe auspicabile lottare solo contro i parassiti (pulci e zecche), ma le amministrazioni locali ascoltano anche le lamentele dei cittadini italiani turbati dalla presenza dei roditori. L’Italia certamente non è l’India, e difficilmente potremmo cogliere una massaia in posa estatica ad osservare un topo. Il 22 novembre verranno ascoltate tutte le teorie in materia, contemperando esigenze e “passioni”.