Avv. Cinquemani: «Decreti zombi, restrizioni Covid illegittime»
L’oggetto del presente articolo mira a chiarire la disciplina degli atti normativi emessi per motivi di urgenza e la durata della loro efficacia, specie allo scadere dello stato di emergenza. Abbiamo imparato in questi due anni che, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, ai sensi dell’art. 77 cost.
Abbiamo anche imparato che i decreti emanati per motivi di urgenza perdono efficacia, sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione o se, entro lo stesso termine, interviene un diniego di conversione anche da parte di uno soltanto dei due rami del Parlamento.
Il nostro ordinamento, tuttavia, regola anche altri modi di cessazione della vigenza delle norme, tra i quali quelli riguardanti le cosiddette “leggi temporanee”, e tale è l’ambito che oggi più ci interessa, atteso che è stato dichiarato la fine dello stato di emergenza.
Ciò premesso, merita richiamare il presupposto su cui si è forzatamente innestata la produzione normativa italiana in materia di “pandemia”.
Pur senza approfondire qui la questione della dubbiosità con la quale è stato emanato lo stato di emergenza, considerato che non è stato pubblicato nessun documento ufficiale da parte dell’OMS che dichiarasse lo stato di pandemia e vista la compressione dei diritti costituzionalmente garantiti a cui i cittadini italiani sono stati sottoposti, si vuole innanzitutto ricordare che l’ordinamento costituzionale italiano non contempla né lo stato di eccezione, né lo stato di emergenza: per aggirare l’ostacolo, pertanto, il legislatore d’urgenza si è trovato costretto a richiamare il Decreto Legislativo n.1 del 2 gennaio 2018, cd. Codice della protezione civile, ma tale codice prevede che l’emergenza di rilievo nazionale venga esplicitata in modo formale su richiesta da parte delle amministrazioni locali. L’adozione di un’ordinanza sindacale contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni di pericolo effettivo non tipizzate dalla legge, la cui sussistenza deve essere suffragata da un’istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale. Tale evenienza di contingibilità deve essere intesa come impossibilità di fronteggiare l’emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell’accidentalità, eccezionalità della situazione verificatasi e urgenza, come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile. Tale complesso procedimento non è stato minimamente rispettato.
Torniamo adesso ai nostri giorni, ovvero a quando viene emanato il decreto legge del 24 marzo 2022, n. 24 (Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. 22G00034) (GU Serie Generale n.70 del 24-03-2022).
Con tale decreto legge, il Governo esplicitamente dichiara cessato lo stato di emergenza con il 31 marzo 2022 e, tuttavia, dal successivo 1^ aprile si continuano a regolamentare (addirittura sino alla fine dell’anno in corso per il personale sanitario) fattispecie già regolate da precedente normativa d’urgenza, a suo tempo emanata per contrastare un’emergenza ormai dichiaratamente cessata.
Se con la cessazione dello stato d’emergenza vengono meno i poteri straordinari del Governo e della protezione civile, nonché la possibilità di operare in deroga alle leggi vigenti per motivi sanitari, com’è possibile contrastare una tale “zombificazione” normativa?
A fare chiarezza sulla questione sono gli artt. 14 e 15 delle preleggi.
Le “leggi eccezionali” sono leggi preordinate a far fronte a situazioni eccezionali, come ad esempio guerre, epidemie, terremoti, e possono, entro i limiti costituzionali, prevedere limitazioni della capacità e dei diritti dei singoli; comunque le si intenda, esse “non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati” (art. 14 preleggi).
L’art. 15 delle preleggi, poi, regola l’efficacia delle c.d. “leggi temporanee”, che contengono, espressamente o implicitamente, un termine allo scadere del quale cessa l’obbligatorietà delle loro norme. Le leggi temporanee, così come i decreti-legge (nel periodo intercorrente fra la loro entrata in vigore e la loro conversione in legge o decadenza) ed i decreti legislativi di amnistia e indulto, non abrogano le preesistenti norme difformi ma, solo, ne sospendono l’efficacia obbligatoria e quindi l’applicabilità.
Non pare vi sia dubbio circa il fatto che tutta la legislazione italiana “pandemica” rientri nella categoria delle leggi eccezionali e temporanee, ciò sia perché poggiante su un presupposto emergenziale, sia perché nella stessa si rinviene un esplicito limite temporale di durata, pur se ripetutamente prorogato sino (e -finalmente- non oltre) al 31 marzo 2022.
Per contro, il D.L. 24/2022 nulla dispone riguardo alla pregressa legislazione emergenziale che possa, in qualche modo, conferire alla stessa una sorta di ultrattività o riviviscenza (categorie di fenomeni normativi che, a dire il vero, si applicano in caso di abrogazione o di intervenuta declaratoria di incostituzionalità), con la obbligata conseguenza che tutti gli effetti giuridici prodotti dall’intera legislazione emergenziale emessa nel periodo gennaio 2020 – marzo 2022 sono venuti meno dal giorno 1^ aprile 2022.
Ristabilita la normalità e non potendo più richiamare, per esempio, i D.L. 44/2021, 105/2021, 172/2021 e/o ogni altra normativa eccezionale e temporanea, oggi qualunque datore di lavoro, ordine professionale, forze dell’ordine, supermercato, ristorante, dirigente scolastico o sanitario di fatto sta ILLEGITTIMAMENTE applicando nei confronti dei lavoratori, cittadini, dipendenti o esercenti professioni, una decretazione d’urgenza che dal giorno 1^ aprile 2022 non ha più alcuna efficacia normativa e quindi nessun potere cogente, ancora sottolineando che la vigenza di tali leggi, eccezionali e temporanee, è sottoposta ad un termine prefissato, scaduto il quale (si ripete: 31 marzo 2022) l’intera decretazione d’urgenza ha cessato di produrre effetti!
Qualcuno afferma che nelle intenzioni del legislatore, cessato lo stato di emergenza si intenderebbe prorogare soltanto le singole norme che consentirebbero il contenimento della pandemia o dell’emergenza economica, ma è davvero così?
Si stanno togliendo molte restrizioni, come le mascherine in luoghi al chiuso o il green pass per accedere in determinati luoghi, ma perché infierire contro i sanitari, contro gli insegnanti e contro gli ultra cinquantenni?
Il nostro “ventennio”, contraddistinto dal perpetuarsi di uno stato di eccezione per fronteggiare un periodo emergenziale, ci rammenta che non bisogna mai distogliere lo sguardo dalla necessaria temporaneità delle situazioni emergenziali, e che le situazioni dovrebbero avere un “limite ultimo massimo”, prestabilito ex ante, per far sì che l’emergenza non si tramuti in ordinarietà, perché il passo successivo sarebbe la consuetudine e, a quel punto, addio libertà inviolabili e diritti umani.
Avv. Francesco Cinquemani – Avv. Maria Cristina Sanfelici
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