PONTE MORANDI: RIFLESSIONI SULLA VICENDA AUTOSTRADA A24
di Egle Possetti (Presidente Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi)
Ci sembra importante fare una riflessione su questa vicenda, che inevitabilmente s’intreccia con la nostra del Ponte Morandi.
Ci sono tre piani focali in questo intreccio di storie su cui vorremmo fare delle riflessioni.
In questa storia, a causa di strutture in calcestruzzo corrose, il governo Draghi decise di revocare la concessione per danno, contestando le inadempienze di manutenzione ed il pericolo di crollo.
Ecco qui che emerge il primo intreccio con la nostra vicenda: in questo caso fortunatamente senza crolli la concessione venne revocata. Mentre nel nostro caso del Ponte Morandi la concessione, che ha prodotto danni umani ed economici incalcolabili, è finita diversamente: con un esborso miliardario da parte dello stato, in team con società private, per riavere la gestione delle infrastrutture; e non si possono neanche trovare alibi in relazione alla concessione originaria (pur se assurda), l’annullamento del contratto doveva essere completato.
In primo grado, nel processo dell’Aquila, gli imprenditori e dirigenti della concessionaria vengono assolti per non avere commesso il fatto: la Procura in questi giorni decide di ricorrere in appello.
Non entriamo nel merito della vicenda, che non conosciamo nei dettagli processuali, ma come famigliari delle vittime del Ponte Morandi non possiamo non interrogarci su due epiloghi così diversi.
Il secondo paradosso riguarda una perizia: troviamo tecnici che difendono imputati nel procedimento del Ponte Morandi e poi li ritroviamo su materie similari nei procedimenti de L’Aquila, ecc. ecc. Come tecnici della Procura o del Tribunale, e ci chiediamo a questo punto dove sia finita la deontologia professionale: per come si evolvono le cose in questo paese potremmo tranquillamente trovare in futuro un ingegnere condannato per il processo del Ponte Morandi che presta consulenza per un altro tribunale nelle stesse materie. Può sembrare fantascienza, noi lo speriamo. Qualcuno potrebbe dire che questo paese è così, che non ci dobbiamo stupire. Mi dispiace ma noi ci stupiamo e ci arrabbiamo per questo, abbiamo perso troppo per restare silenti.
L’ultima riflessione riguarda le manutenzioni, che anche in questo caso sono giunte minimamente tardive ed hanno permesso che i materiali divenissero corrosi (vedi foto): per fortuna qui non ci sono state vittime, ma pensare che strutture ridotte in queste condizioni siano state dichiarate “manutenute correttamente” ci lascia perplessi e non possiamo permettere che diventi lo schema di comportamento da seguire.
Non possiamo, perché per noi ormai è un dovere civico lottare contro questo modus operandi.
In queste condizioni nessuna prova può definire in modo preciso le condizioni della struttura, occorre portare prudenza. Nessun “professorone”, neanche con la bacchetta magica, potrà avere certezza sulla tenuta di questi manufatti: ormai lo abbiamo compreso, nostro malgrado, anche da profani della materia.
Il concedente proprietario delle strutture deve pretendere un livello di manutenzioni realmente conservative dei manufatti, e non interventi a scoppio ritardato: la sicurezza dei cittadini è un dovere delle nostre istituzioni, non possiamo permetterci di accettare ancora meno del minimo sindacale, consentendo sempre più ampi margini di lucro.
Siamo sempre più perplessi che la vicenda del Ponte Morandi a parole abbia davvero insegnato tanto: nei fatti la prudenza, che dovrebbe permeare tutti, pare si manifesti solo come lo scoglio da superare senza toccarlo; e quando lo si è passato, con un po’ di fatica ma neanche troppa, pare si possa continuare a navigare come prima, senza scialuppe.