IL LIBRO NON MORIRA’ MAI
di Manlio Lo Presti (scrittore ed esperto di banche e finanza)
Purtroppo in tutta l’Italia la morte delle librerie è un fenomeno in crescita. Molte sono storiche, stanno chiudendo a causa del mutamento sociale in atto nei quartieri di origine. Scompaiono i negozietti di libri usati, luoghi di conoscenze inedite ed esplorazioni inaspettate, di conversazioni culturali spontanee fra appassionati.
Le Autorità pubbliche (Ministero della cultura, della pubblica istruzione, Regioni, Comuni…) dovrebbero tutelarle con finanziamenti ed incentivi, senza lasciare campo aperto alle associazioni private, che spesso agiscono sfruttando il lavoro schiavistico gratuito chiamato ipocritamente “lavoro volontario”.
Perché la tutela del patrimonio librario (delle librerie) non viene attuato, tra la sovrana indifferenza di una classe politica incolta e cinica? Perché le priorità degli ignavi politici nostrani sono la spinta alla produzione ed esportazione delle armi (che fanno guadagnare quote enormi di “provvigioni alle vendite”), bellicismo telecomandato dai soliti angloamericani, il genderismo, l’eutanasia di massa, la medicalizzazione robotica, l’ecologismo elettrico con le treccine che continua nascostamente ad alimentarsi con petrolio e nucleare. L’ideologia globalista, buonista del “politicamente corretto” sta massacrando la cultura da decenni, ivi compreso l’immenso patrimonio librario italiano, saccheggiato ripetutamente da sciacalli che stanno vendendo all’estero le nostre opere. Negli anni Settanta, lo scrittore e polemista Pasolini evidenziava questo squallido stato di cose, ovviamente inascoltato e dimenticato dalla sinistra egemone che lo scrittore ebbe ad abbandonare molto presto.
L’interesse per la lettura nasce con i genitori e con i libri presenti in casa, poi con la pedagogia e non con la didattica, poi prosegue nella scuola e nell’università dove nasce il confronto delle idee e delle visioni del “Foglio-mondo”, poi nel mondo del lavoro sano e non precarizzato, malpagato e ricattatorio dominato da una competizione selvaggia e distruttrice.
Tutto ciò che esula dai protocolli robotici e tecnotronici viene messo in ombra, deve essere eliminato con la cosiddetta “cancel culture” e con la follia “woke” importata di nuovo e passivamente dal mondo angloamericano.
Lo scopo è la creazione di umani sottomessi e isolati dentro una bolla cognitiva, una techgleba incatenata davanti ad una tastiera fissa o portatile per 76 ore al giorno, con l’utilizzo di una sequenza infernale di migliaia di “app”. Una invasione infestante di migliaia di mini programmi che gestiscono ogni azione umana. Procedure che ci vengono imposte dai governi e dalle dalle imprese con istruzioni per il loro uso non modificabili.
Si delinea la figura del “meccatronico”. Un individuo che le leggende metropolitane ci descrivono dall’aspetto informale, spesso occhialuto e manovratore clandestino di impervie procedure digitali, come erano e sono ancora gli scassinatori assunti dalle società di casseforti. Si assiste alla creazione in serie di esecutori sfornati dalla cucina “scuola-lavoro”, teorizzata dalla “buona scuola” inventata da un furbo, cinico ed effervescente giovane capo di governo precedente.
Ogni creazione e attività umana tende a smaterializzarsi diventando un flusso elettronico. Il pensiero selettivo e critico, notoriamente scomodo, dovrà essere progressivamente confinato dentro la cosiddetta “intelligenza artificiale” ritenuta capace di risolvere tutto e attivabile, dicevamo, dalla esecuzione di comandi imposti all’interno di percorsi preconfezionati non modificabili. Abbiamo una teologia elettronica che non ammette e travolge i dubbi prodotti dalla lettura di libri cartacei.
Il dissenso è dentro un Castello amministrato da poteri ombra esterni collocati oltre oceano. Abbiamo un altro Moloch da officiare. L’obiettivo è quello di eliminare la capacità di sognare, di immaginare, di crearsi da sé il proprio cammino con l’esperienza diretta nel mondo reale e il confronto con altre persone. Un mondo ben diverso da quello artificiale imposto da dispositivi, da algoritmi e da una marea di protocolli astratti e definito “realtà aumentata”, “metaverso” e altre semantiche fantasiose emesse giornalmente quando quelle precedenti non convincono più.
Malgrado questa deriva psicofeticista, il libro rimarrà vivo e vegeto! Il libro si consulta, si conosce scegliendo percorsi di lettura personali, senza il diktat del “manuale d’uso”. È una ottima idea la creazione di libri sonori per i non vedenti e riportati in memorie come i CD e dischi esterni.
I CD, e le memorie elettroniche si cancellano dopo qualche tempo, costringendo i tecnosacerdoti alla ossessiva duplicazione delle memorie confinate in magazzini sommersi in luoghi segreti sotto gli oceani, memorie che i singoli umani non posseggono più. Un esempio? Quello dell’immagazzinaggio di testi e musiche in siti internet a pagamento e soggetti alla erogazione elettrica centralizzata che può essere interrotta a piacimento dei controllori. Abbiamo una vera e propria espropriazione di notizie e di conoscenze, di memorie personali che non possiamo più gestire direttamente!
Il libro, o anche le fotografie stampate, non dipendono da fonti energetiche non gestibili dal singolo cittadino.
Il libro può essere sequestrato ma se ne fanno copie clandestine. Non si spegne e, anzi, è un oggetto inerte che magicamente si ravviva non appena è aperto. È una fonte autonoma di conoscenza che infastidisce i sacerdoti del sapere pastorizzato, centralizzato e diffuso a dosi prestabilite irrogate dall’alto.
C’è il rischio che il libro possa passare in clandestinità in uno scenario simile al quello descritto dal leggendario “Fahrenheit 451”, un leggendario romanzo distopico e profetico scritto da Ray Bradbury nel 1953.
Riprendiamoci il diritto alla meraviglia che ci regala la pagina scritta e/o illustrata curata con testi e con libri d’arte. Una esplorazione personalizzata e non teleguidata. Come moderni Marco Polo, regaliamci itinerari dello spirito. Usciamo da questa bolla cognitiva, da questo inferno gnostico in cui Essi tentano di carcerare l’umanità.
La pedagogista musicale Giulia Cremaschi ha affermato che “siamo nati per leggere”. Credo che abbia detto tutto.