TU QUOQUE TRECCANI?
di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di banche e finanza)
La nostra grande istituzione culturale linguistica italiana Treccani da tempo indulge nell’uso di parole inglesi al posto delle correlate italiane. Non è un buon segno.
Il famoso ente per la difesa e, perché no, della diffusione della lingua italiana usa parole inglesi. In appresso elenco qualche esempio ricavato dai canali di comunicazione della ridetta prestigiosa casa editrice nazionale italiana:
1. “form di contatto” invece di richiesta di informazioni o modello di richiesta (https://emporium.treccani.it/it/assistenza-e-contatti )
2.“customer service” invece del servizio clienti (https://emporium.treccani.it/it/il-dizionario-italiano-3012242.html )
3. “summer school” invece di corsi estivi o scuola estiva (https://www.instagram.com/p/Ct7DN-woFEu/?igshid=MTc4MmM1YmI2Ng%3D%3D )
Perché? Per essere al passo con i tempi? Ma gli aggiornamenti sono un durissimo lavoro socioculturale, che si realizza sul campo e non attraverso l’esibizione di parole straniere. Una miserabile esibizione di finta cultura di cui la Treccani non ha veramente bisogno.
Continuando con questa passiva ricezione dell’infestante “inglesorum” finiremo come le lingue Hindi e Tamil invase da parole inglesi al 50percento. Ascoltare i dialoghi dei film indiani per credere.
Era necessario scrivere SUMMER SCHOOL e non SCUOLA ESTIVA, CORSO ESTIVO, ecc.?
Era necessaria tutta questa invasione, oppure almeno la Treccani poteva evitarla dopo aver pubblicato il titanico Vocabolario in cinque volumi dove sono contenute ben 470.000 parole comprese le forme flesse?
Ci saranno parole italiane che possono sostituire l’inglese… oppure no? Tutto questo fa ricordare il pezzo del Manzoni sul LATINORUM pronunciato da Renzo nei Promessi sposi. “È nota soprattutto per la frase pronunciata da Renzo nel capitolo II dei Promessi Sposi, quando don Abbondio gli enumera in latino gli impedimenti dirimenti: «Si piglia gioco di me?» interruppe il giovine. «Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?» (Manzoni)” (https://www.treccani.it/vocabolario/latinorum/#:~:text=%C3%88%20nota%20soprattutto%20per%20la,latinorum%3F%C2%BB%20(Manzoni ).
La lingua italiana è più rispettata all’estero che in Italia dove viene continuamente sfregiata da espressioni inglesi, più sovente pseudoinglesi. È la quarta lingua più studiata del pianeta, ma il novantanove percento degli italiani lo ignora totalmente. Persino Draghi – che l’inglese lo conosce veramente – chiese perché c’erano tutte quelle parole inglesi nel suo discorso di insediamento come capo del governo (e non “premier”). L’attuale governo, nella persona del parlamentare Rampelli, si era impegnato a limitare l’uso di esotismi linguistici nelle comunicazioni amministrative e provenienti da amministrazioni pubbliche nazionali. E’ rimasto un vagito e niente più (https://www.lanotiziagiornale.it/legge-rampelli-tajani-la-difesa-della-lingua-italiana-non-centra-niente-con-mussolini/ ) mentre l’idea era totalmente condivisibile e poteva essere inserita a pieno titolo nella cosiddetta “semplificazione amministrativa” che semplice non è affatto.
Il livello d’infestazione dell’inglese è talmente alto che perfino i servizi segreti stanno muovendo i loro passi con discrezione. L’esistenza e soprattutto la coesione di una nazione si sostengono su un costante flusso e ricambio demografico soprattutto autoctono e sulla tutela istituzionale della lingua e della cultura italiana. La mancata realizzazione di questi due obiettivi rende il nostro Paese un bersaglio dell’opzione Goldman che teorizzò la fine di un popolo quando viene eliminato il dieci percento della sua popolazione fertile (https://megachiroptera.com/2020/05/11/agenda-21-protocollo-oms-per-la-depopolazione-della-terra/ ) e la eliminazione della lingua nazionale.
Politici, ancora uno sforzo, un rigurgito di orgoglio per la vita di una lingua armonica, bella e ricca di cultura come la nostra. Non pensate solo a perpetuare il vostro scranno parlamentare. Agite iniziando almeno nella pubblica amministrazione e nella docenza della lingua italiana.
Cerchiamo di finirla con la irrisolta “Questione della lingua” con il sostanziale e fattivo contributo dei centri di eccellenza culturale, fra i quali la Treccani, l’Accademia della Crusca, ed altri di pari livello.