MULTINAZIONALI INFORMATICHE E “FAKE NEWS”: I ROBOT SONO PRONTI A CONTROLLARE E CENSURARE GLI UMANI

Google e YouTube spingono per la lotta alla disinformazione, investendo 13,2 milioni di dollari per sostenere l’international Fact-Checking Network (Ifcn) a cui s’aggancia il finanziamento di un fondo (il Global Fact Check Fund): vi attingono 135 organizzazioni da 65 Paesi che combattono la disinformazione in circa cento lingue diverse. Parimenti il sistema investe anche nell’AI (intelligenza artificiale) che sta producendo fake news comode alla grande speculazione finanziaria. L’investimento prevede che, l’intelligenza artificiale possa nel breve periodo controllare e sanzionare ogni movimento o pensiero umano.
Così i “media istituzionali” esclamano farisaicamente “È la sovvenzione più grande mai effettuata da Google e YouTube per il fact checking”, e i “complottisti” rispondono dimostrando carte alla mano le tante fake news messe in giro dai motori di ricerca gestiti dai robot, intelligenza artificiale a servizio delle multinazionali. Il Global Fact Check Fund sovvenzionato da Google è operativo da inizi 2023, e sta già portando novità per l’utenza mondiale del colosso americano. Tra i risultati già evidenti c’è l’indirizzamento della ricerca dell’utente: l’intelligenza artificiale individua il contesto sociale in cui opera l’utenza e la guida sino a censurarne alcune ricerche. Lo stesso sta facendo YouTube che, in nome del “fact checking”, mostrerà solo i video ricercati coerenti con le politiche delle multinazionali. “Oltre ai titoli, si vedrà un estratto originale del testo insieme alla valutazione verificata da organizzazioni indipendenti”, dicono Google e YouTube. Tutto monitorato dall’intelligenza artificiale Fact Checker Explorer, che attinge da un database di 150 mila fonti definite “attendibili a livello globale” dagli esperti di comunicazione delle multinazionali. Dal 2018 ad oggi “Google News Initiative” ha investito quasi 75 milioni di dollari in progetti e partnership, tutti votati a rafforzare l’alfabetizzazione mediatica indirizzata a combattere l’informazione “non istituzionale” in tutto il Pianeta. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, negato dai servizi d’informazione di stati e multinazionali, ovvero le fake news generate dall’intelligenza artificiale. Le grandi società informatiche hanno costruito circa un centinaio di testate giornalistiche interamente gestite e realizzate dai robot della famiglia “ChatGPT & co”, strutture che fanno soldi da disinformazione e raccolgono pubblicità dalle multinazionali: in gergo vengono appellate “newsbot”, hanno il compito di deviare e sedare la dissidenza verso il sistema globale.
Si tratta di sistemi automatizzati, come quelli che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi tempi, e rispondono al nome “umanoide” di ChatGPT o Bing Chat, e sono graditi a “Google Bard”. Si tratta di siti pieni zeppi di annunci pubblicitari, con il preciso obiettivo di far ingoiare all’utenza la “filosofia green”, ovvero che il fattore antropico è il primo imputato per l’inquinamento globale, che il lavoro umano è nemico dell’ecologia, che i robot non inquinano, che la “povertà sostenibile” salverà il pianeta. Questi siti fanno cassa con la pubblicità delle multinazionali che, come se non bastasse, li piazzano tra i più visitati ed ascoltati grazie all’aiuto degli algoritmi di nuova generazione, tutti gestiti dai colossi della tecnologia: a questi siti non vengono richieste fonti della notizia, ci sono sottotitoli o sommari, foto false e grottesche, vi regna un caos assoluto, e la responsabilità della diffusione non è tracciabile; ma scalano le vette della diffusione perché strumenti del sistema di manipolazione.
Gli articoli generati dall’intelligenza artificiale riassumono o riscrivono contenuti prodotti da altre fonti: servono soprattutto per contrastare l’informazione libera ed indipendente, ovvero i nemici degli uffici comunicazione delle multinazionali. L’invasività dell’intelligenza artificiale pilotata dalla multinazionali sta manifestandosi anche sui social: concentrando migliaia di follower favorevoli ai soggetti graditi al sistema, oppure boicottando le pagine critiche verso grandi industrie energetiche e finanziarie. Di fatto i contenuti prodotti da “ChatGPT & co” sono graditi a pochi, e servono per persuadere tutti gli umani. Il capitalismo fiscale di sorveglianza ha bisogno d’irreggimentare tutti gli umani, di controllarli continuamente, di scongiurare il confronto d’idee: “ChatGPT” è oggi lo strumento prescelto dalle élite per persuadere ed ammansire gli umani, il resto del lavoro sarà compito di governi ed organizzazioni sovrannazionali che, ben presto, introdurranno l’obbligo alla tracciatura costante del cittadino. Chi eluderà, per diverse ore al giorno non risulterà tracciabile, assurgerà a criminale cibernetico, a nemico del sistema. Negli Stati Uniti da almeno un centinaio d’anni esistono società private che gestiscono carceri e sistemi di controllo dei detenuti, e da qualche tempo si parla di multinazionali della sicurezza pronte a gestire la detenzione in Occidente. Al carcere per chi eluderà la tracciabilità continua e costante pare ci stia pensando Bruxelles, e con buona pace di certi paladini della liberà votati ed eletti per difenderci: probabilmente si giustificheranno con il solito motto “lo ha chiesto l’Europa”.