BARDELLI E SILVA ALLA 300 CHILOMETRI DI VALLELUNGA

Torna la classica endurance riservata alle vetture storiche. La 300Km Autostoriche si disputerà a Vallelunga nel fine settimana del 5/6 settembre. Saranno ammesse tutte le vetture Turismo e Gran Turismo in possesso di valido documento Aci Sport/FIA. E quest’anno sulla Giulietta Ti di Marco Milla si passeranno il volante Gianluca Bardelli e Pietro Silva insieme allo stesso Milla. In tanti si staranno domandando come due piloti abituati a Jaguar E tipe e De Tomaso Pantera (Bardelli e Silva) possano passare dai 500Cv ai 100 della Giulietta. Soprattutto Bardelli e Silva più di trentacinque anni fa erano avversari in pista, mentre oggi fanno squadra con Milla su una Giulietta. Sveliamo l’arcano. Solo un profano non può apprezzare la guida di una Giulietta, auto che ha toccato vette inusitate nelle versioni Sprint Veloce 1300 e 1600 (la 1600 la chiamarono Giulia. anche se aveva la scocca della Giulietta Sprint). Un tempo si diceva che il battesimo del pilota avveniva su Giulia Sprint Veloce 1600: vettura prodotta solo nel 1962 e con le ultime meccaniche di SS e Spider Veloce, l’anno successivo debuttava la Giulia Sprint GT (la mamma della GTA). Quindi correre su Giulietta Ti terza serie significa portare in pista la berlina da corsa: ovvero la derivata dal prototipo “Tipo 750”, pietra miliare nella storia Alfa Romeo; rappresentava la svolta industriale della casa milanese, per affacciarsi al segmento delle automobili di serie nel momento della motorizzazione di massa. La Giulietta però non era una utilitaria, ma quella che oggi definiremmo “vettura segmento medio”.

Gianluca Bardelli è commosso: suo padre, prima di ottenere il marchio Jaguar, era in Italia l’officina AlfaRomeo più antica del centro e centro-sud . Gianluca ricorda che era ragazzino e suo padre lo sedette al volante di una Giulietta Ti. Ovviamente il ragazzino già sognava di correre su una Veloce, non immaginando che da adulto avrebbe condotto bolidi da oltre 500CV.

Ma la Giulietta rimane nel cuore di tutti gli italiani. Con la Giulietta l’Alfa Romeo passa dall’artigianalità della 1900 all’auto di serie. Svolta pianificata in Alfa dall’ingegner Rudolf Hruska, che a fianco di Ferdinand Porsche aveva pianificato l’industrializzazione del “Maggiolino”.
La Giulietta è una delle poche vetture di serie che, all’inizio degli anni ’50, poteva vantare un motore con testata e monoblocco in alluminio, così come la scatola del cambio ed il differenziale: peso contenuto, nonostante un motore di 1.3 litri, peraltro con caratteristiche all’avanguardia, la nuova vettura del Biscione poteva vantare il miglior rapporto peso potenza dell’epoca. La versione Ti, quella che correrà la prossima “300 chilometri di Vallelunga”, viene presentata nel 1957 proprio per l’omologazione nel nascente “Turismo Internazionale” (da cui l’acronimo) che, grazie a carburatore doppio corpo e diverso angolo di fasatura, da 50 cv saliva a quota 65 cv per un peso di 870 kg. Quella che correrà a Vallelunga probabilmente conterà su qualche cavallo in più. Infatti proprio la versione Ti fu utilizzata nelle corse, sia in pista che nei rally, ed ebbe una carriera sportiva piuttosto lunga. La Giulietta inaugura le sospensioni anteriori a ruote indipendenti con doppi bracci trasversali triangolati mentre al posteriore rimaneva il ponte rigido con puntoni longitudinali e triangolo di ancoraggio superiore, ed i freni a tamburo in alluminio con alettature di raffreddamento: caratteristiche abbinate a facilità di accesso ai vari componenti per riparazione e manutenzione, che ne facevano la base ideale per una vettura da competizione.
L’auto che correrà ovviamente ha fazzoletti di rinforzo nelle parti più critiche (come gli attacchi sospensione): nella parte anteriore nei punti di attacco della barra antirollio anteriore e nei punti di fissaggio del roll bar. Gli elementi delle sospensioni nelle gare storiche devono restare di serie, tranne per gli ammortizzatori che possono essere anche Koni racing con relative mollecoassiali. Date le caratteristiche della vettura, con sospensioni a ruote indipendenti anteriori e ponte rigido al posteriore, ma soprattutto alla mancanza di autobloccante, va curata in modo particolare la taratura dell’assetto per limitare il sollevamento in curva della ruota posteriore destra: con conseguente perdita di trazione.
Anche l’impianto frenante deve restare di serie, con la pompa singola ed i tamburi a doppie ganasce, quelli anteriori con la pista più ampia e alette esterne di raffreddamento oblique, mentre al posteriore sono longitudinali. Naturalmente viene sostituito il materiale di attrito dei pattini, ma i freni a tamburo restano uno dei punti deboli di tutte le auto storiche, quindi anche della Giulietta, e l’utilizzo di materiale d’attrito più performante non fa che accentuare il problema del surriscaldamento nelle frenate più violente. Perciò sta al pilota adeguare lo stile di guida, magari, adottando una particolare tecnica di frenata che consiste nel rilasciare e schiacciare ripetutamente il pedale del freno durante la staccata per dare un po’ di “respiro” a tamburi e pattini.

 

Cuore italiano 1300


Il bialbero Alfa Romeo si può certamente considerare la migliore arte motoristica di serie per l’epoca. Ma il quattrocilindri della Giulietta Ti aveva due handicap che, unitamente ai vincoli regolamentari che obbligavano a mantenere carburatore e collettori di aspirazione e scarico originali, rendevano particolarmente difficoltosa la ricerca di aumento di potenza nella preparazione da corsa. Questi due punti deboli erano rappresentati, appunto, dal singolo carburatore doppio corpo Solex 35, in cui originariamente l’apertura del secondo corpo avveniva tramite depressione, e il collettore di scarico in pezzo unico in fusione che convergeva nel terminale singolo. Su questo c’era ben poco da fare, se non il classico lavoro di affinamento delle pareti ed eliminazione di eventuali scalini di raccordo per agevolare la fluidodinamica, mentre il carburatore viene modificato con l’adozione di un contrappeso maggiore del secondo corpo, modifica studiata in Alfa Romeo già nel 1958 e di cui era stata emanata una circolare, che lo fa aprire simultaneamente al primo garantendo i vantaggi di un vero carburatore doppio corpo.

 

Regolamenti di ieri e di oggi

 

Il regolamento consente la sostituzione dei pistoni con quelli stampati della Sprint Veloce, che garantiscono un aumento del rapporto di compressione, di assi alberi a camme di profilo più spinto e del volano, ugualmente in acciaio ma più leggero anch’esso di provenienza Sprint Veloce, poi bilanciato in blocco con l’albero motore alleggerito. Inoltre viene lavorata la testata sia all’interno delle camere di scoppio, con l’aumento del diametro delle valvole alle quali viene aggiunta una doppia molla di richiamo, sia come lucidatura e affinamento dei condotti, eliminando qualsiasi gradino di raccordo tra la testata ed i collettori. Un lavoro certosino che, alla ricerca della più piccola porzione di potenza, riguarda anche la ventola di raffreddamento azionata dalla cinghia, alla quale vengono accorciate le pale per offrire minore resistenza. Infine, per contenere le temperature di esercizio del motore entro valori ottimali, viene applicato un radiatore dell’olio motore, tramite una piastra applicata sulla sede del filtro olio originale alla quale sono fissati i raccordi dei tubi di mandata e ritorno. Dopo questa cura intensiva, il quattro cilindri Alfa Romeo 1300 si è attestato sulla soglia dei 100 cv a 7.400 giri/min, ottima per un motore costruito quasi sessantanni fa: si può anche effettuare una preparazione ancora più spinta, arrivando alla soglia dei 110 cv, ma a scapito dell’affidabilità. Anche il differenziale deve restare originale, quindi senza autobloccante, utilizzando il rapporto più corto 8/41, mentre la frizione ha un disco in rame.