FAVORISCONO LE TRUFFE DELLE CRIPTOVALUTE PIUTTOSTO CHE L’USO DEL CONTANTE
Tutti gli stati occidentali vengono spinti dai poteri bancari a non dare ascolto ai cittadini. Questi ultimi vorrebbero la moneta rimanesse contante e senza limiti nell’uso, invece la politica bancaria (soprattutto europea) spinge perché la moneta elettronica in euro soppianti totalmente la cartamoneta. Così i potenti della Terra si riuniscono e, tra i tanti discorsi, prendono anche quello sull’opportunità d’abolire la moneta contante e di conio, per sostituirla con valute elettroniche e virtuali, intangibili, gestite dal sistema bancario, utili a privare il cittadino risparmiatore del suo libero arbitrio economico.
Di fatto la Bce vorrebbe imitare la Libra di Facebook (moneta evanescente e virtuale). Sembra che i gestori della politica bancaria siano più preoccupati dall’uso che i cittadini fanno dei loro risparmi, piuttosto che dalle mirabolanti truffe che quotidianamente si consumano grazie a criptovalute ed hacker che intercettano transazioni online.
Novembre 2022 verrà ricordato per l’improvviso fallimento di FTX, la società di moneta elettronica virtuale e di criptovalute che ha lasciato a secco milioni d’investitori, generando disoccupazione immediata per qualche migliaio di giovani informatici assunti con le metodiche dei deliveroo. Oggi hanno le tasche vuote coloro che avevano comprato la moneta elettronica generata dal fondo piattaforma FTX. Gli edifici (grattacieli) occupati dalla società sono stati svuotati alla velocità d’un malefico sortilegio. Ed ancora poco si sa di questo buco finanziario.
L’exchange di criptovalute FTX aveva sede nelle Bahamas: la popolazione del piccolo Stato insulare vedeva quotidianamente sfilare davanti ai propri occhi sorridenti ed eleganti manager della finanza. Quasi le Bahamas fossero assurte a nuova city. Secondo un report del Wall Street Journal, le Bahamas avevano incoraggiato le società crypto a trasferire il proprio quartier generale nel Paese, anche varando un quadro normativo molto favorevole. Ovviamente gli investitori erano tutto europei e statunitensi. L’economia delle Bahamas era stata danneggiata nel 2019 dall’uragano Dorian nel 2019 e poi dalla pandemia nel 2020: il prodotto interno lordo insulare si basava sul turismo e sulle banche off-shore. Il Primo Ministro Philip Davis ha così aperto la porta ai manager delle criptovalute: presentata dai giovani speculatori occidentali come la tecnologia che risolleva l’economia. Oggi FTX è fallito, anzi scomparso nel nulla. In tutto l’Occidente sono rimasti gabbati milioni di risparmiatori. Mentre la popolazione locale delle Bahamas ha visto venir meno la principale fonte di reddito: FTX spendeva oltre 100.000 dollari a settimana per il catering, poi aveva istituito un servizio navetta privato per trasportare i dipendenti in tutta l’isola. Cittadini delle Bahamas erano stati assunti per svolgere compiti come logistica, pianificazione di eventi e conformità normativa.
I fondi FTX e SBF avevano anche investito milioni degli investitori in lussuose proprietà alle Bahamas. Si apprende da fonti di Wall Street che “lo scorso18 ottobre, l’autorità di regolamentazione delle Bahamas ha ordinato il trasferimento degli asset digitali di FTX a un wallet di proprietà statale per la custodia… Il 13 novembre scorso, la Royal Bahamas Police Force ha avviato un’indagine su FTX, per stabilire se l’exchange abbia o meno condotto truffe ed attività criminali”.
MEGLIO IL GRUZZOLO SOTTO IL MATTONE
Si può ancora insistere nello spingere gli stati ad abbandonare la moneta tradizionale? E cosa succederebbe se con un clic sparissero tutto gli investimenti? Quale potere internazionale ha agevolato FTX? La Bahamas fanno parte del Commonwealth, ed ogni operazione finanziaria che si svolge in quelle isole dei Caraibi viene monitorata dalla Banca Mondiale.
Qualcuno obietterà che la moneta elettronica emessa dalla Bce è molto più sicura di una criptovaluta. Resta il fatto che la pubblica amministrazione di tutta l’Ue viene pagata con moneta elettronica creata da una cabina di compensazione presso la Bce: questo per evitare che i ligi impiegati possano rimanere appesi ai mancati introiti fiscali degli stati. Infatti prima la pandemia e poi la guerra hanno ridotto al lumicino la base imponibile, e la chiusura delle attività avrebbe dovuto mettere il sale sulla coda del pubblico impiego: invece tutto scorre tranquillo, per i dipendenti pubblici corre la moneta elettronica, mentre il resto dei cittadini deve arrangiarsi. Così, per marcare meglio le differenze, la Bce ha pensato bene d’affiancare l’euro elettronico (virtuale) a quello vero.
“Dovremmo essere preparati all’emissione di un euro digitale qualora ce ne fosse bisogno”, aveva dichiarato più d’un anno fa la presidente Bce Christine Lagarde. Subito le aveva fatto eco Fabio Panetta (italiano membro del comitato esecutivo della Bce): “dobbiamo assicurarci che la nostra moneta sia preparata al futuro. L’inazione non è un’opzione”. E’ evidente che da 2020 stiano accelerando, cercando d’indorare la pillola amara. L’obiettivo è chiaramente ritirare entro un quinquennio tutto il cartaceo e sostituirlo con valuta digitale, virtuale, evanescente, totalmente in balia dei pochi che controllano e regolano il credito a livello planetario.
La Bce (Banca centrale europea) sarebbe già pronta al lancio dell’euro digitale, ma per svariati motivi (tra cui il momento politicamente più opportuno) l’affiancamento alla carta moneta era stato fissato dopo giugno 2021 (siamo a fine 2022 e la storia non è ancora chiara). Attualmente sarebbe in corso una sorta di sperimentazione, coperta dal più plumbeo riserbo: perché la banca centrale d’emissione più che dai mercati deve tutelarsi dai risparmiatori, vero ostacolo alle politiche di virtualizzazione.
Oggi moltissima gente effettua pagamenti elettronici, ma in troppi si domandano se la moneta elettronica possa essere integrativa e sostituire una parte di cartacea (che verrebbe ritirata dalla circolazione). Ma se dell’effettiva esistenza della moneta cartacea risponde da sempre il sistema bancario (autorizzato ovviamente) che da lungo tempo controlla anche carte di credito e bancomat, al pari di assegni, pagherò e travel check, va detto che oggi molti pagamenti elettronici avvengono con piattaforme prive d’autorizzazione bancaria (e garanzie): è il caso di Facebook o di WeChat, che fanno comunque perno sui depositi bancari. Di fatto la tecnologia potrebbe portare qualche danno agli equilibri, e all’architettura, del sistema monetario.
MAGIE BANCARIE
Nel momento in cui la banca centrale rimpiazza il vecchio contante con una moneta elettronica, di fatto fa sparire le passività delle banche, trasformando gli operatori di credito in una sorta di banda d’alchimisti, in grado di fabbricare un controvalore alle merci. Queste ultime fino ad oggi si sono spostate attraverso transizioni garantite da depositi non certo virtuali. Questo nuovo mondo potrebbe far paura a troppi, e non è detto che permetta d’abolire il signoraggio: infatti a coniare la moneta elettronica saranno comunque i signori (quelli delle banche) ed i cittadini dovranno comunque passare sotto le forche caudine delle piattaforme di banche e social network. Infatti sono i grandi privati che si stanno contendendo la piazza delle monete elettroniche: la Bce è privata (partecipata dalle banche) quanto la Federal reserve e Facebook (che ha coniato la criptovaluta Libra). Nel momento in cui Facebook, Google, Amazon e altri giganti della tecnologia coniano cripto valute, ben consci di fatturare molto più del Pil di tanti Paesi avanzati, si crea di fatto una cessione di sovranità monetaria a strutture multinazionali in grado di condizionale le stesse banche centrali (Bce, Fed…).
Questa trovata dell’euro digitale rischia di affidare sempre più le sorti economiche europee ai cosiddetti frugali (Svezia, Norvegia, Olanda, Danimarca, Belgio, Lussemburgo e Germania). Non è un caso che la sperimentazione di digitalizzazione della moneta sia partita massicciamente da parte della Riksbank svedese, che di fatto ha il controllo totale di ogni uscita dei cittadini scandinavi. Il sistema sperimentato in Svezia è del tutto simile a quello della People’s Bank of China: i socialismi reali si somigliano. Mentre la Swiss National Bank garantisce ampia diffusione di moneta elettronica senza alterare la circolazione del franco svizzero. Ma dopo il fallimento di FTX la sfida lanciata da bitcoin e altre criptovalute è ancora attuale o la Bce si sta infilando in un tunnel alpino senza via d’uscita?
LE CRIPTOVALUTE FALLISCONO IN SILENZIO
Intanto più di mille cripto valute hanno già fatto fallimento. E la Libra di Facebook, che ha promesso un nuovo sistema globale dei pagamenti (poggiato su una “stablecoin” garantita da attivi denominati in valute nazionali), è attenzionata negli Usa per “alto rischio di riciclaggio” e “finanziamento del crimine”. Le associazioni di tutela dei consumatori hanno già denunciato la Libra per molti aspetti d’instabilità finanziaria. Così il proliferare di piattaforme (shadow banking, transazioni elettroniche…) rischia di rendere inerme e vulnerabile il consumatore come il risparmiatore. I soloni della Bce hanno sentenziato che, lo yuan digitale cinese andrà fronteggiato con l’euro virtuale: peccato che quotidianamente partano per la Cina valige di dollari ed euro cartacei. Ma la Bce reputa che l’euro digitale permetta all’Ue d’avere il controllo sull’offerta di moneta (insieme ai tassi d’interesse è strumento principale di politica monetaria): in molti sostengono il contrario, ovvero che il Vecchio Continente non dovrebbe abbandonare la via maestra, tornando a una solida carta moneta (di cui è certa l’emissione) ed a valide produzioni esportabili.
Del resto Gavin Brown (Docente senior di finanza alla Manchester Metropolitan University) ha dimostrato in una nutrita ricerca che sono migliaia le criptovalute lanciate e poi svanite nel nulla: gli investitori più scaltri le hanno scaricate. “Gli Stablecoin sono criptovalute progettate per evitare la volatilità selvaggia di cugini quali Bitcoin – spiega Gavin Brown -, essendo ancorate o sostenute da attività come valute tradizionali o metalli preziosi. Sono progettati per incoraggiare le persone ad usare la criptovaluta per gli acquisti e le vendite di tutti i giorni, offrendo allo stesso tempo una stabile riserva di valore per gli operatori sui molti scambi di criptovalute che non si occupano di valute tradizionali”. Per farla breve, si tratta di monete dall’uso limitato e rigorosamente ancorate a riserve di preziosi. Il rischio è che una moneta elettronica di massa possa sfuggire al controllo di chi dovrebbe tutelare il comune cittadino: insomma virtualizzare la moneta porterebbe a volatilizzare molti sacrifici. Non dimentichiamo che l’hackeraggio delle monete elettroniche sta rendendo ricchissimi i giovani cyber rapinatori. Comunque il fallimento di FTX pare non faccia notizia, e così la stampa occidentale ha evitato di parlare dei milioni di cittadini truffati dall’investimento in criptovalute. Sorge il dubbio che dietro questi fallimenti ci sia lo zampino del “sistema”, che utilizza e forma i nuovi genietti per Wall Street.