L’AUTO ELETTRICA PROVOCA TUMORI MA LA CORRUZIONE NE IMPONE L’USO
Il nuovo governo è osservato speciale da parte dei cittadini contribuenti. La gente vuole vedere i fatti, soprattutto che cessino imposizioni in nome d’un mondialistico ambientalismo. Quindi che finisca la caccia a chi non si cambia l’auto con quella di nuova “categoria euro” o non aggiorna i propri elettrodomestici con l’ultima “classe energetica”. Non ci sono soldi, soprattutto per acquistare le costose e nocive auto elettriche. E’ infatti emerso da studi e ricerche accademiche che le auto elettriche emettono radiazioni nocive. Ovviamente parliamo delle grosse auto, come Suv e vetture che dovrebbero permettere spostamenti extraurbani: l’auto elettrica va bene in città, per piccoli spostamenti, perché il lungo contatto con l’accumulatore provoca tumori.
Le pubblicazioni scientifiche divulgano come le auto elettriche siano un vettore di radiazioni nocive. Ma passiamo ai dati della ricerca. A questa domanda hanno risposto i ricercatori dell’JRC (Joint Research Center): struttura di supporto all’industria europea dell’auto con sede ad Ispra (Varese). L’JRC è il laboratorio incaricato dall’Unione Europea per lo studio dell’effetto nocivo sull’uomo da parte delle batterie di grandi dimensioni dalle auto elettriche: un danno teratogeno (tumorale) che colpisce l’ambiente (animali selvatici e domestici ed anche piante) e soprattutto le persone che viaggiano nelle vetture elettriche.
La ricerca era decollata nel 2016, quando le case automobilistiche iniziavano a pressare i vari ministeri dei trasporti per omologare nei vari paesi dell’Ue l’alimentazione elettrica delle auto: una pressione fatta con conferenze, aiutini lobbistici e corruzione di politici e dirigenti di stato. Corruzione mirata a favorire sia l’auto elettrica che i vari incentivi ed obblighi d’aggiornamento tecnologico: un fiume di soldi investito in questa operazione dai colossi dell’auto, che hanno iniziato ad ungere i binari nel 2015 ed hanno perfezionato il progetto sotto pandemia.
La nocività del contatto con gli accumulatori elettrici emerge anche dai risultati della ricerca condotta dall’European Interoperability Centre for Electric Vehicles and Smart Grids ed anche dallo statunitense Argonne National Laboratory (ANL). Anche negli Usa sarebbe stata forte la pressione da parte di gruppi industriali supportati dal Deep State, ma le class action hanno bloccato l’obbligo all’uso dell’elettrico nella mobilità quotidiana nella maggior parte degli stati.
PROCESSO A TESLA
Gli studi sono partiti dall’esame delle radiazioni emesse dalla Tesla (antesignana della nuova generazione di auto elettriche): la Tesla usa batterie da 100 kWh, equivalente dell’energia necessaria a tenere acceso un asciugacapelli per quattro giorni. Ma l’accumulo d’energia per far muovere l’autovettura emette radiazioni, ed è in stretta correlazione con la potenza della batteria: più l’auto è grande e maggiori sono le dimensioni dell’accumulatore. Infatti assistiamo quotidianamente alla crescita esponenziale della potenza richiesta dalle nuove veloci auto elettriche. Harald Scholtz (responsabile dei progetti di ricerca su Tesla) ha affermato che “se si continua così nel 2040 non ci sarà abbastanza potenza, bisogna aumentare la produzione di energia per far andare tutto ad elettrico”.
Lo studio di Scholtz partiva dal presupposto di dare una seconda vita alle batterie al litio, per ridurre consumi e radiazioni: fermo restando che una batteria al litio, anche rigenerata, emette radiazioni nocive. “Una batteria al litio ha una vita lunghissima, può arrivare a 15 anni – ha rivelato Scholtz -. Le batterie perdono solo il 20-30% della loro potenza, dopodiché possono funzionare per altri cinque anni prima di essere riciclate”. Ma il riciclo delle batterie (ed anche lo smaltimento) ha costi enormi, che il potere industriale vorrebbe spalmare su tutti i cittadini.
“Le auto elettriche emettono comunque delle polveri sottili: dal lontano 2011 si sa che sono cancerogene – afferma Scholtz -. Stiamo testando l’evoluzione delle auto, il problema è l’aumento della capacità delle batterie e delle relative radiazioni. Stiamo tuttavia cercando una soluzione”. Lo studio ha dimostrato come le vecchie auto a benzina siano da considerare molto più ecologiche delle moderne elettriche: non dimentichiamo che in Italia già si producono ecocarburanti dai rifiuti, ecobenzine che già vengono distribuite alle stazioni di servizio. Poi l’aumento della potenza dell’elettrico surriscalda l’ambiente, e c’è anche il rischio che la troppa energia richiesta comprometta l’uso di altre tecnologie necessarie.
Organismi internazionali (ed industrie) hanno chiesto proprio a Scholz di lavorare alla legge che vincoli alla classe di efficienza energetica colonnine di ricarica, auto elettriche, frigoriferi, abitazioni con domotica, e tanto altro ancora. Ben si comprende che, se anche il ricercatore è scettico, allora figuriamoci l’utenza.
Dopo la pubblicazione della ricerca sono anche iniziate le grane per i colossi dell’auto: c’è stato anche chi s’è messo una mano sulla coscienza. E’ il caso del Gruppo Volkswagen (VW, Audi e Porsche) prossimo a richiamare altre 124.000 auto elettriche, a causa della presenza del cadmio nelle batterie, l’elemento più cancerogeno presente negli accumulatori.
CANCRO DA AUTO PROSSIMO COSTO SOCIALE
Ma molti tecnici dicono “senza cadmio non si possono produrre auto con grande autonomia”. Il provvedimento di blocco non riguarda una libera scelta di Volkswagen, ma è un vincolo ed un accordo con Kraftfahrt-Bundesamt (KBA). Quest’ultima è l’autorità federale tedesca responsabile della circolazione stradale, è subordinata al Ministero federale dei trasporti. Volkswagen ha quindi ammesso “L’ordine di ritiro da parte del KBA è attualmente in fase di analisi”. In Germania le cose vengono fatte sul serio, infatti sono stati prontamente bloccati dall’autorità giudiziaria alcuni lobbisti di case straniere (Usa, Cina e Giappone) che hanno tentato di corrompere i competenti uffici d’omologazione per le auto elettriche. Il motivo è il medesimo: cadmio nei caricabatterie. Il cadmio è un metallo pesante “cancerogeno di categoria 1”: vietato per legge negli usi domestici e riservato alla sola tecnologia segreta militare, ma è stato trovato nei caricabatterie delle auto elettriche ed ibride plug-in, vetture assemblate dal 2013 al 2018 e commercializzate fino al 2022. La Volkswagen ha cessato la produzione, ma i suoi concorrenti hanno perseverato puntando sull’immagine “green” delle vetture. Ogni caricatore conterrebbe comunque 0,008 grammi di cadmio: percentuale molto bassa, ma comunque se ne sconsiglia sempre l’esposizione. Ecco perché in Germania hanno interrotto la produzione delle Golf GTE, per trovare alimentazione ed accumulo privi di cadmio. La casa automobilistica tedesca ha subito in Usa il “Dieselgate”, e la Germania non tollera che in Europa entrino concorrenti che provocano tumori agli automobilisti, e questo probabilmente scongiurerà venga imposto l’elettrico. Rimane aperta la questione dello smaltimento, perché la ricerca ha dimostrato che chi opererà smontaggio e smaltimento delle auto elettriche avrà probabilità altissime di contrarre tumori ed anche malattie dell’apparato nervoso. La domanda che l’uomo di strada si pone è se la politica riuscirà a non farsi corrompere. Fare il pieno d’energia all’auto elettrica già costa più che farlo di benzina ad una supersportiva. Ed in futuro saranno pesantissimi i costi sociali del cancro, si mormora più di dieci pandemie.