IL FISHING LEGALE CONDOMINIALE AGGREDISCE CHI VERSA IN DIFFICOLTA’ ECONOMICHE

Roma svetta nelle classifiche nazionali delle “liti condominiali”: ovvero processi che vedono contrapporsi condòmini e condomini, od anche condòmini contro condòmini. Nuclei familiari o semplicemente esseri umani che, pur abitando sullo stesso pianerottolo o nello stesso stabile, decidono di ricorrere ai tribunali.
Dopo che “La PekoraNera” ha pubblicato l’inchiesta sul “fishing legale condominiale”, siamo stati avvicinati da un romano che risiede in un elegante condominio tra i quartieri Prati e Flaminio. Il “cittadino informatore” ci ha fatto ascoltare la registrazione d’uno scambio d’opinioni tra un avvocato ed un signore che risiede nel suo condominio.
Frequenti sono le liti le liti nei condomini, e per differenti ragioni, ma a guadagnarci sono sempre in tre: gli avvocati che incamerano parcelle (in certi casi veri e propri vitalizi dai condomini), lo Stato che prende le spese di giustizia ed il condòmino più ricco che spesso riesce anche ad aggiudicarsi all’asta la casa del suo vicino in povertà. Così semplici dissapori assurgono a liti di grande gravità, certi avvocati trasformano il ronzio d’una zanzara nel roboante vortice d’un elicottero od il canto d’un canarino in una sirena antiaerea. 
Il Condominio è in grado d’associare persone in crociate contro il condòmino in difficoltà, e di trasformare quest’ultimo nel pericolo pubblico numero uno.

Così un avvocato romano è stato colto a consigliare un suo cliente: un condòmino benestante e con mire sulla casa d’un suo vicino in difficoltà economiche, ma regolare nel pagare le quote condominiali. In sintesi il gatto e la volpe si sono detti quanto segue.

Condòmino: “Avvoca’, io a quello gli devo togliere casa. E’ un morto di fame e sta’ davvero in bilico, è un precario che ha ereditato l’immobile. S’oppone a tutti i lavori… s’è messo di traverso al 110%, ed ha pure convinto la zitella tirchia del mezzanino a votare contro in assemblea. che dice con una bella causa lo secchiamo?”.

Avvocato: “Guarda che ho già indagato a dovere: ho chiara al dettaglio la situazione bancaria del tipo, il suo Isee, le sue pendenze presso l’Agenzia delle Entrate e l’ex Equitalia… ho un dossier completo sul poveraccio. Con azione civile ben sostanziosa e forte, in cui includiamo un sfilza di danni belli pesanti, a quello gli togliamo casa e gli mettiamo sul groppone debiti per tutta la vita. Come primo atto lo invitiamo dinnanzi al mediatore competente, dove fingeremo di dirimere la lite, e che si fa questo per il bene del condominio. Il poveraccio non si presenterà, perché si sarà consigliato con un suo amico avvocato che non paga, e poi nell’ambito del Tribunale di Roma, circoscrizione in cui si trova il condominio, lo chiameremo  in lite per non meno di centomila euro. In meno di quattro anni quello perde casa… va all’asta e tu la prendi”.

Così dalle ragioni più futili vengono legalmente costruite delle problematiche che prevedono l’intervento dell’autorità giudiziaria. In genere a giocare la parte del leone è l’avvocato di fiducia dell’amministrazione condominiale che, dopo essersi abilmente introdotto nel palazzo, diventa amico e legale del condòmino più agiato, corrivo e causiticamente sanguigno. Così la mediazione diventa un proforma, per portare poi per le orecchie un condòmino prima davanti al Giudice di pace (procedimento penale) e poi in giudizio civile, dove inequivocabilmente vince il contendente con maggiori disponibilità economiche.
Le scuse vanno dai panni che gocciolano acqua sul balcone sottostante alla violazione della privacy, dal disturbo della quiete dei condòmini alla mera posizione di bastian contrario nelle riunioni. Così chi s’oppone a lavori, spese e 110% vari assurge a nemico del condominio, a corpo estraneo da estromettere.
L’amministratore (o la società d’amministrazione) se ne lava generalmente le mani, verbalizzando che “tra i condomini s’è instaurato un astio difficilmente superabile con una conciliazione amichevole in sede di riunione di condominio alla presenza d’una maggioranza qualificata”. E così la palla passa direttamente al motivatissimo avvocato.
L’amministratore è così obbligato a sedare la controversia nelle competenti sedi (il tribunale): perché l’amministratore è per legge il rappresentante dei condòmini che agisce quale “braccio esecutivo” della volontà assembleare. Certo, il compito dell’amministratore è anche quello di assicurare la reciproca convivenza civile tra i condòmini: ma si sa che mettersi in mezzo non è mai salutare, e poi c’è l’avvocato dell’amministrazione per queste vertenze.
Il codice civile in materia condominiale dice che, sarebbe auspicabile prima del giudizio l’istituto della mediazione, introdotto con apposita legge entrata in vigore nel 2013. Ma è davvero risibile il numero di liti risolto in mediazione. Quando entra in gioco l’avvocato dell’amministrazione è ormai certo il processo, ed il venirsi incontro reciprocamente diventa comunque un sogno.
Da collante tra le parti avrebbe dovuto fungere un mediatore che, invero, non può adottare alcuna decisione di merito ma è meramente un testimone terzo: uno spettatore imparziale dell’incontro delle volontà tra i condomini. Così l’avvocato spinge per soluzioni draconiane e robuste, ovvero trascinare il tapino davanti al giudice.
Nel frattempo che l’autorità giudiziaria entri nel merito, risolvendo tombalmente la lite tra i condomini, lo studio legale presenta regolarmente fatture al condominio. E magari, l’avvocato amico del condòmino più agiato potrebbe incamerare favori e prebende. In  questo clima di precaria convivenza versa l’Italia delle regole e dei legulei, che ancora usa la “colonna infame” per dimostrare che c’è giustizia.