PSICOTOPO PRIMA PUNTATA: IL RATTO GIGANTE PUO’ COLONIZZARE L’EUROPA
Inizia il viaggio de “La Pekoranera” nelle connessioni con l’antropizzato mondo animale. A novembre ti terrà a Roma un importante convegno in cui si parlerà soprattutto dei roditori, e noi ci saremo.
E’ inevitabile che, il rapporto tra esseri umani e topi divenga sempre più frequente ed intenso. Perché tutte le specie di ratto avranno decuplicato nel giro d’una decina d’anni le loro popolazioni. Perché i topi stanno pian pianino prendendo spazi d’affezione nella vita domestica che un tempo erano esclusivi di felini e canidi. Soprattutto perché la curiosità e la voglia d’infrangere le regole spinge i giovani più ribelli ad adottare un ratto gigante come animale da compagnia. E’ il caso del sudamericano Capibara (carpinchos) roditore che può superare i sessanta chilogrammi di peso, e che in ambienti come quello italiano potrebbe contendere il territorio a ratti, cinghiali e maiali selvatici. Ma il preferito si conferma il ratto gigante del Gambia, anche noto come ratto gigante africano (tassonomicamente Cricetomys gambianus): è un roditore notturno, diffuso in gran parte dell’Africa, dal Senegal al Kenya e dall’Angola al Mozambico. È fra i roditori più grandi ed intelligenti del pianeta Terra (non dimentichiamo che il ratto è l’animale che ha risposto positivamente alla colonizzazione di Marte al minimo delle condizioni atmosferiche similari alla Terra). Il nome scientifico Crycetomis si deve alle tasche guanciali: ricordano quelle dei criceti e possono contenere enormi quantità di cibo. Il ratto gigante appartiene alla famiglia dei roditori muroidi, che è endemica nell’Africa. Il ratto africano è molto simile al surmolotto norvegese, fatta eccezione solo per le tasche guanciali. Un esemplare adulto è lungo fra i 60 ed i 90 centimetri (compresa la coda che da sola è 30-40 cm), può arrivare a pesare fino a 2,8 kg (la media è 1,5 kg per il maschio e 1 kg per la femmina). La sua vista è molto debole, ma ha olfatto ed udito più sviluppati d’un cane da tartufo, da caccia o da guardia. Il ratto gigante può vivere in diversi ecosistemi, tant’è che lo si ritrova in gran parte dell’Africa, a diverse latitudini ed altitudini. L’unica regione dell’Africa in cui è assente è la subsahariana delle foreste del Congo, dove è stato respinto dal competitore ratto di Emin (Cricetomys emini). Il ratto gigante popola foreste e sottobosco, costruisce la propria tana anche nei termitai abbandonati. Il ratto gigante è un animale sociale, vive in colonie composte in genere da una ventina di individui. I maschi sono territoriali e reciprocamente aggressivi. Costruisce tane sotterranee dotate di diverse camere collegate da cunicoli: la principale viene usata per dormire, le altre sono dedicate all’immagazzinamento del cibo. Questa specie è onnivora, si nutre di vari generi di piante, insetti, granchi e lumache, mostrando una predilezione per i frutti e la corteccia di alcuni tipi di palma. Raggiunge la maturità sessuale tra i cinque ed i sette mesi: una femmina può generare tra le quattro e le cinque cucciolate l’anno, che garantiscono la sopravvivenza di almeno sei piccoli.
Tra odio e amore, tra compagnia e repellenza
Come animale da compagnia il ratto gigante è stato scelto da tantissimi giovani. Il ratto gigante africano è utilizzato anche per operazioni di sminamento: familiarizza facilmente con l’uomo, soprattutto se addestrato in giovane età: è intelligente ed ha un carattere mite e socievole. Il suo commercio però è stato bollato come pericoloso, in quanto è una specie invasiva. In Florida esiste una popolazione di ratti africani in libertà che viene considerata una potenziale minaccia per l’ecosistema di Key Largo e delle Everglades. Anche nei quartieri popolari di New York recentemente si è scoperta una colonia di “Ratti Giganti del Gambia”: si sono adattati a vivere nell’habitat dei ratti di città. Oggi l’importazione è proibita negli Stati Uniti (già nel 2003 venne proibita per la prima volta) a causa dell’epidemia di vaiolo delle scimmie che si sarebbe diffusa nel Midwest, che ha causato numerosi contagi senza mietere vittime. La ONG “APOPO”, con sede in Belgio e Tanzania, conduce da anni un progetto di addestramento dei ratti giganti: sfrutta il loro olfatto per la ricerca di mine anti-uomo e di focolai di tubercolosi. I ratti addestrati dall’APOPO sono stati impiegati con successo, tra l’altro, nello sminamento di diverse zone di Mozambico, Angola, Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia: in quei paesi sono stati appositamente importati dall’Africa. Pesano sensibilmente meno dei cani utilizzati per lo sminamento: sono preferiti perché non fanno esplodere le mine. Il loro addestramento è inoltre molto meno costoso di quello dei cani. Per questo prezioso contributo, i ratti giganti sono conosciuti anche come HeroRats (ratti eroi). Nella cultura di massa il ratto gigante è simboleggiato dal gigantesco e feroce ratto Ben del film Willard, interpretato proprio da un esemplare del roditore africano. Ma il sogno di qualche scienziato (provvisto di laboratorio privato ben accorsato) è riportare in vita un antenato dei ratti giganti, della grandezza d’un lupo o d’un orsetto, in grado di costituirsi in colonie e di contendere il territorio agli umani: prossimo film di fantascienza o imminente realtà? Del resto una decina di colonie di ratti sudamericani (Capibara) potrebbero benissimo dividersi il territorio con i cinghiali. Ed i ratti africani sarebbero capaci (al pari dei ratti cinesi delle risaie) di sottrarre territorio ai ratti norvegesi che popolano Roma, Parigi e Londra. Infuria il dibattito nella comunità scientifica.