NULLA E’ COME SEMBRA: ORDINANZE E DPCM VS LEGALITA’
Francesco Cinquemani (avvocato delle vittime del sistema)
A più di due anni dall’invasione di circolari e ordinanze emesse dal Ministero della Salute. Sull’uscio della porta del Ministero, Speranza (noto firmatario delle ordinanze) ci regala un’ultima perla in tema di mascherine, e lo fa con la Circolare del 29.09.2022.
Il ministro, dall’alto della sua laurea in scienze politiche, dopo aver preso atto della copiosa letteratura scientifica circa la pericolosità e dannosità dell’uso delle mascherine per la protezione delle vie respiratorie, poiché debitamente informato con notifiche a mezzo PEC da molti avvocati e associazioni, ha disposto quanto segue: “È fatto obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017”.
Preso atto di ciò, molti cittadini si sono chiesti se fosse possibile che, una ordinanza emessa dal Ministero della Salute si possa applicare sui cittadini.
Per rispondere alla domanda, devo richiamare quanto disposto dall’art. 13 della Costituzione: “La libertà personale è inviolabile: Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge” (l’ordinanza non è una Legge e nemmeno un atto emesso da una autorità giudiziaria, qual è un giudice).
La domanda che dovremmo porci tutti è: sono mai stati dati poteri al ministro della Salute da consentirgli di decidere sull’intera popolazione? Chi ha mai legittimato il ministro Speranza, e come? Soprattutto, con quali strumenti ha operato il presidente del Consiglio dei Ministri?
Per rispondere a queste fondamentali domande bisogna andare un po’ indietro nel tempo, fino al 23 agosto 1988, quando entrò in vigore la Legge n. 400 con ultimo aggiornamento il 29 aprile 2021. L’art. 17 della suddetta Legge, rubricato (Regolamenti), recita: “1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
- a) l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi nonché dei regolamenti comunitari;
- b) l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
- c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; …”
Cosa vuol dire? Vuol dire che soltanto con Decreto del Presidente della Repubblica, quindi con dPR, è possibile emanare disposizioni attuative, disposizioni esecutive ed integrazioni nelle materie in cui manchi la disciplina di Legge, poiché solo a questo atto normativo è conferito tale potere, e non certo ai dPCM, sfornati “a vanvera” con potere di solo indirizzo e coordinamento: in quanto avulsi da presupposto legittimante sono da considerarsi tutti nulli.
Altro aspetto importante lo troviamo al comma 2: “Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato (e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta), sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari”. Anche qui notiamo che è sempre il Presidente della Repubblica con i suoi dPR ad emanare disposizioni attuative delle leggi, e non certo il Presidente del Consiglio dei Ministri con dPCM.
Passiamo adesso al comma 3: “Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere”. Quindi, la LEGGE e non un Decreto Legge (come invece ci hanno fatto credere in questi anni), espressamente deve conferire al Ministro il potere di emanare regolamenti nelle materie di sua competenza o di competenza di autorità sottordinate al Ministero.
Sempre il comma 3 prosegue disponendo che: “Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.” Quindi, almeno due Ministri, ognuno per la propria materia e non uno soltanto (Speranza ad esempio ha fatto tutto da solo), e ferma restando la necessità di una apposita ed espressa autorizzazione legislativa per ogni specifica materia, che invece pare mancare nell’intera e copiosa produzione normativa cui il ministro ci ha abituati in questi anni.
Anche il comma 4, a ben vedere, risulta essere stato aggirato, perché tale comma dispone che: “I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di ‘regolamento’, sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.”: come abbiamo visto, i regolamenti di cui al comma 1 possono essere adottati solo con dPR, e non con dPCM, come invece è avvenuto in palese violazione della legge
Infine l’art. 4-bis, di cui siamo stati tutti gratuitamente vittime, norma abusata indirizzata agli uffici amministrativi, e non già ai cittadini. E vediamo perché: “L’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei principi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l’osservanza dei criteri che seguono: a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell’organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l’amministrazione; … b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici,… c) previsione di strumenti di verifica periodica dell’organizzazione…”. Qui finalmente viene chiarita la natura dei famigerati dPCM, concepiti solo per organizzare e disciplinare gli uffici dei Ministeri.
Questo comma dice anche che il ministro Speranza, per fare un esempio, nel rispetto dei commi 3 e 4 (che elenca tutti i requisiti per l’emissione di un D.M.), avrebbe dovuto comunicarlo al Presidente del Consiglio dei Ministri, soprattutto chiedere il parere del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, e prima della pubblicazione sulla G.U.
Vista la complicata procedura e la serie di organi che avrebbero dovuto assumerne le responsabilità, non ci stupisce che il ministro Speranza, per aggirare tutto ciò, abbia preferito avvalersi dell’art. 32 della legge 833/78, che è la legge che istituisce il servizio sanitario nazionale e autorizza il ministro della salute ad emettere ordinanze urgenti e “contingibili”.
Il summenzionato art. 32 dispone: “Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni. La legge regionale stabilisce norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi. Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale o dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale. Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico.”.
Ordinanze “contingibili” ed urgenti: il diritto prevede tali atti come provvedimenti atipici d’urgenza, che possono essere adottati come misura provvisoria, laddove la legge ordinaria non permette di agire tempestivamente e che devono comunque essere motivati ai sensi della legge 241/90.
Non si vede quindi la necessità di ricorrere ad una ordinanza, anziché un regolamento (come sopra documentato), per disciplinare aprioristicamente l’accesso alle strutture sanitarie.
Inoltre lo stesso art. 32, pone dei limiti espressi all’efficacia di tali ordinanze, ricordando che è in capo alle regioni l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica e polizia veterinaria.
L’attuazione infatti è demandata a giunte regionali e sindaci, tramite l’emissione di apposite ordinanze nelle stesse materie.
Orbene, appare chiaro che le ordinanze di un ministro, non hanno efficacia sui cittadini.
Infine un ultimo richiamo al comma 2 della legge 488/78 nel quale si evince che nemmeno il presidente della Repubblica può emettere un regolamento per disciplinare materie coperte da riserva assoluta di legge, quale quella oggetto dell’art. 13 della Costituzione, figuriamoci se possa intervenire un semplice ministro.
Sono solo un avvocato, che può mettere sotto i riflettori quali sarebbero stati gli strumenti più corretti da utilizzare per affrontare i quasi tre anni di emergenza, e nel rispetto della Legge.
Sarebbe opportuno che i Giudici, la Magistratura e le Forze dell’Ordine, prendano contezza di quanto è stato fatto e di come è stato fatto, se in violazione o in ottemperanza alla Legge. E che affrontino con purezza d’animo la valutazione dell’operato messo in campo dal Governo, con particolare riguardo (ed è dovuto) all’avvenuta violazione dei diritti fondamentali dei cittadini Italiani.