SOGNO UN ESECUTIVO SENZA COLAO
di Ruggiero Capone
La speranza, forse flebile, è che i vincitori delle elezioni possano mettere alla porta Vittorio Colao. Soprattutto non farsi tentare dal superesperto amico della finanza internazionale. Da tempo si cerca di dimostrare ai lettori come la speculazione finanziaria starebbe modificando le carte costituzionali. Del fenomeno è ormai consapevole una grande fetta di cittadini. Alla spicciolata vengono toccati tutti, tutte le attività, tutte le categorie. Oggi c’è una nuova maggioranza pronta ad entrare in Parlamento. Ma non possiamo dimenticare l’assalto a Palazzo Chigi di qualche mesa fa da parte dei tassisti: reazione al progetto di distruzione di una categoria, che ha pagato e s’è indebitata per acquistare una licenza di taxi ed un veicolo con tutte le caratteristiche per adempiere al servizio pubblico. Ma altri progetti stanno toccando e toccheranno ciabattini, falegnami, contadini, carrozzieri, meccanici, idraulici, farmacisti, artigiani, professionisti d’ogni settore ed ambito. Per dirla con lo slogan d’un nota pubblicità dei primi anni del passato secolo “necessita cambiare il modello di business ogni cinque minuti”. Chi ha bocciato il centro-sinistra lo ha fatto per fermare il progetto omicida di Colao e compari. Quella “destabilizzazione” tanto cara ai mercati: una ricetta vecchia, la partoriva George Soros a metà anni ’80 del passato secolo, recitava suppergiù così “per sviluppare i mercati finanziari necessita destabilizzare politicamente le filiere e gli assetti produttivi, togliere le certezze agli individui e contrapporli”. La gente ha dato fiducia alla Meloni reputando possa fermare la voracità ed il caos gradito agli speculatori. Se il Pd fosse stato riconfermato, certamente il governo italiano si sarebbe più o meno coscientemente messo a capo della rivoluzione che crea esclusione sociale, alienazione, povertà e, soprattutto, cancella speranze e lavoro. Non sappiamo quanto Mario Draghi sia stato complice o costretto ad avallare, ma è certo che sappia come Vittorio Colao rappresenti l’elemento di garanzia di molti progetti destabilizzanti. Gli italiani si stavano rendendo conto di come i rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini stessero regredendo alla conflittualità che governa Nigeria, Congo e Mali. Ovvero il non rispetto dei cittadini, del loro lavoro e delle loro proprietà. L’Italia gradita agli esperti dei mercati sarebbe dovuta scivolare in logiche tipiche dei paesi africani: abuso e sopruso da parte di governo e pubblica amministrazione, aumento della pressione debitoria su cittadini ed aziende e distruzione della pace sociale. Torniamo a ricordarvi come il debito mondiale ammonti a circa 253 mila miliardi di dollari, il 322% del Pil globale. Secondo i calcoli del gatto che gioca col topo, il settanta per cento di questi debiti penderebbe sui paesi più poveri. I poveri non pagano mai i debiti e ne mettono sempre di nuovi? Allora il mondo sarebbe sovraindebitato per colpa dei poveri? A questa domanda dovrebbero rispondere esperti come Vittorio Colao, perché hanno studiato forse più di tutti noi la materia, poi perché probabilmente hanno ascoltato le relazioni in materia a Davos, all’Onu, alla Fao, alla Banca Mondiale, e parlando con vari esperti pure della Nato. Ma che avranno mai fatto i poveri con queste montagne di soldi? E’ proprio vero che sono gran scialacquoni, nati per bruciare fortune, per giocarsi in poco tempo una vincita al superenalotto. Ma siamo seri, chi gestisce il potere sa tutto, anzi sa che necessita incrementare la platea dei bisognosi, dei precari, della gente in difficoltà, dei disoccupati. Da qualche anno la cancrena ha preso l’Italia come ieri la Grecia. Ogni giorno in Italia si perdono dai quattrocento ai mille posti di lavoro: Il caso della startup Gorillas che ha licenziato quattrocentocinquanta addetti è di due mesi fa, ma oggi vi sono altri licenziamenti in tutte le aziende (Amazon compresa). Dicono che è cambiato il modello di sviluppo, ma non aggiungono che fino ad una trentina d’anni fa sostenevano che “necessita sviluppare la crescita economica dei paesi poveri e indebitati” (quante volte abbiamo sentito questa tiritera istituzionale). Oggi prevale la linea green: ovvero bloccare, congelare l’economia. Oggi, grazie alla guerra, hanno potuto far impennare i prezzi e lavorano a far salire i tassi d’interesse: quindi l’Africa rimane nella sua inedia economica che fa ricche solo le multinazionali, mentre nuovi scenari speculativi si spalancano in Italia, dove c’è da mettere definitivamente in povertà più della metà della popolazione. I governi occidentali sono tutti tra loro collegati, tutti eterodiretti dal cervellone finanziario di BrackRock. Soprattutto lavorano perché venga garantito il profitto ai grandi speculatori. Il controllo, la profilazione totale del cittadino, gli obblighi alla digitalizzazione, sono tutte ricette partorite dalla medesima cucina politica, la stessa che ha bloccato l’ascensore sociale e scongiurato che nessun normale cittadino possa più godere di tranquillità e vita agiata dal proprio lavoro. Per quanto ci riguarda, i maggiori detentori del debito mondiale hanno pattuito che le economie europee di Italia, Spagna e Grecia rimangano depresse. Torniamo all’esempio dei tassisti: hanno pagato una licenza, sono un segmento sociale autonomo, lavorando riescono a mantenere una famiglia ed acquistare casa. L’esempio dei tassisti è allargabile a tutte le categorie che fino a qualche anno fa andavano a consolidare il ceto medio, la fascia sociale con forte risparmio bancario. L’algoritmo della speculazione finanziaria ha però stabilito che queste categorie debbano oggi essere messe in difficoltà. L’ordine è partito dalla catena di comando finanziaria, e vale per tutto il prossimo decennio. Così chi fino a ieri non aveva problemi economici, oggi dovrà essere lentamente accompagnato verso una politica socio-solidale (povertà sostenibile). In pratica l’esperimento del reddito universale di cittadinanza non è ancora applicabile in Africa o Sud America, quindi verrà fatto decollare nelle zone povere d’Europa. Il progetto di Vittorio Colao prevede, tramite l’identità digitale, si possano controllare i cittadini laboriosi, ovvero coloro che non si piegano al “reddito universale di cittadinanza” o che, furbescamente, lo incassano e poi lavorano in campagna od in officina, o fanno lezioni private. In pratica l’identità digitale è estremamente utile ad indurre i cittadini a non lavorare, a non progettare, a non produrre. I grandi possessori di danaro (quantità smisurate di liquidità) hanno investito su percorsi di disincentivazione del lavoro umano, di riduzione demografica, di denatalità e distruzione della famiglia. Motivo? Sostituire l’uomo con il non sindacalizzato robot. Ecco perché sarebbero divenuti a tal punto filantropi da pagarci per non lavorare. Gli intellettuali prezzolati hanno aggiunto che lo fanno per salvare il Pianeta dal fattore lavoro incontrollato, grande concausa del consumo del Pianeta, dell’inquinamento. La moneta elettronica per pagare la “povertà sostenibile” la creano dal nulla. I poveri di oggi e di domani (ex tassisti, artigiani, professionisti) potrebbero così non dannarsi più l’anima ed accontentarsi di roba da poveri comprata con il sussidio: il mercato di domani, diviso in cattivi compratori (i poveri a cui va lo scarto) ed i buoni compratori (i ricchi a cui vanno i prodotti pregiati). Quando un siffatto sistema si consolida, sortire dalla povertà diventa impossibile: ecco perché è stata coniata l’espressione “povertà irreversibile”. Perché il patto politico con i grandi speculatori è il nuovo “contratto sociale”, e prevede il blocco granitico dell’ascensore sociale. Il progetto era visibile a monte: già nell’epoca Mario Monti era stato azionato il blocco dell’ascensore sociale, in obbedienza a quanto dettato da Davos. Oggi, che la finanza pubblica è gestita in tutto l’Occidente dai privati, bloccare il lavoro per legge è semplicissimo quanto ridurre in povertà intere categorie. I licenziamenti che oggi vediamo in Italia sono frutto di crolli aziendali progettati a monte, studiati per generare povertà. Vittorio Colao è un grande amministratore di fondi (già questo ne segna il conflitto d’interessi) amministra danaro non di sua proprietà, già prima del suo incarico di governo influiva sulla vita di aziende e strutture partecipate da stati: i grandi speculatori sono il suo datore di lavoro. Tramontato il capitalismo tradizionale (fatto di fabbriche, imprese, agricoltura…) è sorto sulle macerie delle industrie il capitalismo di sorveglianza, che guadagna su security, informatica, media. Colao è una sorta di dio egizio Anubi, divide la gente nella valle dei morti. Agisce nell’intento di scongiurare che potere e popolo si mischino: lo fa istituendo la classe media di controllo, fatta non da uomini ma da robot ed intelligenza artificiale in genere. Un segnale buono dal nuovo esecutivo potrebbe essere non dare ministeri a Colao e, soprattutto, fare retromarcia su parecchi obblighi digitali, cibernetici, cervellotici. Insomma lasciamo lavorare in pace gli italiani.
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