Rasi: «Quarta dose a settembre, anche se il vaccino non darà una protezione superiore a quella attuale»

«A settembre un richiamo» anti-Covid «per tutti con il vaccino attuale non ha senso. Ci sono tanti fattori per un no a questa scelta: 17 milioni di italiani hanno contratto la malattia con una velocità incrementale di 10 milioni negli ultimi 6 mesi; una quarta dose di vaccino ad una persona normale non crea sostanzialmente una maggiore difesa dall’infezione e dalla malattia siamo sufficientemente protetti. Una quarta dose con un vaccino aggiornato diventa invece interessante». Lo sottolinea all’AdnKronos Guido Rasi, professore di Microbiologia dell’Università Tor Vergata di Roma.

Rasi avverte però: «Non aspettiamoci che questi vaccini ‘rivisti’ diano una protezione dal contagio tanto superiore a quella vista fino ad oggi, per alcuni – visto che ci sono ancora 70-80 morti al giorno – sarà però fondamentale farla. Direi dunque di programmare una quarta dose a settembre per categorie».

MASCHERINE
E alla domanda sulla proroga fino a settembre dell’obbligo della mascherina in alcuni luoghi, come ospedali, Rsa e mezzi di trasporto, il professore risponde: «La mascherina la guardo con odio ma serve. Va usata, abbiamo imparato come e sappiamo quando metterla. La marcia indietro del governo è stata assolutamente opportuna».

LE CURE
Quanto alle cure, Rasi osserva che «per qualcosa di sostanzialmente diverso e risolutivo» come terapie contro Covid-19 «dovremo aspettare ancora un po’. Arriveranno, ma non è imminente. Il bagaglio degli antivirali anti-Covid è abbastanza modesto, sono una aggiunta importante, ma quel poco che abbiamo non lo usiamo. È il caso dell’antivirale in pillola Paxlovid: abbiamo 600mila dosi in frigo che scadranno a dicembre perché ne abbiamo comprato un numero che aveva una sua logica, ma non avevamo un piano per usarlo e soprattutto non abbiamo formato gli operatori».

«L’approccio standard per curare il Covid è cambiato ogni 2-3 mesi – aggiunge – e non si è stati capaci, una volta scoperto il miglior approccio, di comunicarlo e formare gli operatori. C’è stata una mancanza di processi standardizzati, un vulnus enorme. Significa avere un sistema di formazione capillare, e in pillole, – si legge ancora su AdnKronos –  fatto bene e che chiede 8-10 minuti di aggiornamento con alla fine una certificazione». Secondo Rasi, però, «in Italia ci sono medici che sanno usare bene gli antivirali contro il Covid, trattare i pazienti. I centri di eccellenza si vedono subito, quello deve essere lo standard immediato per le cure».

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