Draghistan: la Procura generale indaga su rutti e peti nella Rai
La mezzobusto Dania Mondini fa causa per stalking ai dirigenti di viale Mazzini: l’avrebbero spostata in stanza con un collega famoso per rutti e flatulenze. E la Procura indaga. Imbarazzo fra i vertici.
«Aprano le finestre e cambino l’aria». Al settimo piano di Rai-Totò sdrammatizzano ma il piano inclinato sul quale si è avviata l’azienda culturale più importante d’Italia sta diventando ripido. Dopo i videogiochi al posto dei bombardamenti, i freelance a Kiev perché il Tg1 di sua maestà Monica Maggioni non aveva l’inviato, le passerelle giornalistiche alle convention di partito e alle feste dell’Unità, le pesanti ingerenze del Pd sui programmi di approfondimento (vedi Cartabianca), il decalogo del bravo conduttore, i mariti direttori che promuovono le mogli (vedi caso Andrea Vianello), il servizio pubblico in salsa draghiana si interseca con il vaudeville: una conduttrice del Tg1 ha denunciato i suoi superiori per stalking. Con una motivazione che neanche Woody Allen prima del Me too: «Volevano mettermi in un ufficio con un collega petomane».
La vicenda con sfumature farsesche risale al 2018 ma anche grazie alle vie della magistratura (che come si sa sono più infinite di quelle di nostro Signore) arriva ora sulla scrivania dell’ad Carlo Fuortes già ingombra di poco invidiabili dossier. La denuncia è partita da Dania Mondini, mezzobusto del telegiornale della rete di punta, che ha messo nel mirino cinque vicedirettori di allora (Filippo Gaudenzi, Marco Betello, Piero Felice Damosso, Costanza Crescimbeni e Andrea Montanari, oggi direttore di Radio 3) in seguito a diatribe professionali sul suo lavoro in redazione. Secondo l’accusatrice, i suoi capi avrebbero deciso di demansionarla imponendole di cambiare ufficio e di condividerlo con un collega che non riesce a trattenere «flatulenze e rutti».
Il problema gastrointestinale del compagno di stanza diventa vessatorio e dirimente, Mondini si rifiuta di traslocare con un «no motivato all’ordine di servizio» e contemporaneamente apre il contenzioso legale. A quel punto, sempre secondo la denuncia della giornalista, la reazione è molto rigida: le vengono affidati servizi di routine e lei viene presa di mira con contestazioni pretestuose per «piccoli errori nella conduzione del telegiornale» come riporta La Repubblica. Da qui l’ipotesi di stalking. In conseguenza di ciò, Mondini subisce uno stress da demansionamento che certifica con referti medici. La procura di Roma convoca sei giornalisti indicati come testimoni: cinque smentiscono la persecuzione ma la sesta collega conferma la versione dell’accusa.
Al termine di una valutazione nel merito, la Procura decide di chiedere l’archiviazione: secondo i magistrati non starebbe in piedi l’imputazione per stalking, tutt’al più si potrebbero intravedere i contorni del mobbing. In ogni caso il dossier dovrebbe essere trasferito al tribunale civile. Ma ecco il colpo di scena: la Procura generale riapre l’inchiesta e continua ad approfondire sull’ipotetico reato di stalking. La tortura del peto ci delizierà con nuove, mirabolanti puntate, soprattutto se verrà chiamato a dire la sua in aula il torturatore involontario.
Secondo il legale della querelante, Ruggero Panzeri, «la mia assistita ha avuto il coraggio di ribellarsi a una situazione che tocca soprattutto le donne. Una vicenda che viene fatta passare per un caso goffo, ma che nasconde molto di più». E si inoltra nel ginepraio delle promozioni redazionali, esclusiva facoltà dei direttori. «Resasi conto che le venivano negate promozioni ad altri concesse sebbene a fronte di minori anni di servizio, ha chiesto alla Rai l’accesso agli atti per comprendere i metodi di valutazione. Ai negati, così abbiamo fatto ricorso al Tar e l’abbiamo vinto. Nelle denunce penali ci sono nuovi elementi probatori».
La storia sta creando non pochi imbarazzi al piano nobile della Rai. Sarà un lungo weekend per l’ad Fuortes, preso in mezzo fra l’audizione dal Copasir, le pressioni della Vigilanza e questo caso dalla profonda valenza sensoriale. «Ma lui è bravissimo a scomparire», spiegano a viale Mazzini, fedele al soprannome inflittogli dopo qualche settimana: «il fantasma dell’opera». Dania Mondini è una giornalista di lungo corso, con un’esperienza a più livelli in televisione nella carta stampata. Classe 1963, romana, si è laureata in teologia alla Pontificia Università Urbaniana. Nel 1995 è stata assunta al Tg regionale del Lazio e dentro mamma Rai ha fatto una carriera di prim’ordine, lavorando da inviata e curando rubriche tematiche per Rainews24 e Raiuno. Poi ecco l’occasione della vita, condurre un telegiornale.
Tre anni fa Mondini ha avuto un certo successo come saggista con il libro L’affare Modigliani. Trame, crimini, misteri all’ombra del pittore italiano più amato e pagato di sempre. Un reportage per smascherare il business di mercanti senza scrupoli (circa 11 miliardi), con interconnessioni fra mondo dorato dell’arte, criminalità organizzata e riciclatori internazionali. Un secolo di segreti, ancora oggi solo un’opera su quattro di Amedeo Modigliani è originale. Qualcosa di aulico e tosto prima dell’inchiesta del peto che riporta tutti al piano terra, in fondo a destra.
di Giorgio Gandola – La Verità – Nell’immagine Carlo Fuortes. Nel riquadro Dania Mondini (Ansa)