Borgonovo: «L’Anpi disallineata non è tollerata a sinistra»
I partigiani revisionisti sulle foibe e fan del ddl Zan vanno bene, se discutono la linea del Pd vanno rieducati.
Adesso finalmente abbiamo capito perché i soldati russi finora hanno avanzato così lentamente: perdono un sacco di tempo in biblioteca. Informa infatti Anna Zafesova sulla Stampa che nel Donbass i russi starebbero «operando una “pulizia culturale” metodica e spietata. Squadre di polizia militare, arrivate al seguito dell’esercito […] vanno a perquisire biblioteche e a confiscare libri che non corrispondono ai dettami ideologici del Cremlino». Pare che questi censori militari siano dotati di una «lista di nomi da epurare», tra cui quello di Stepan Bandera, storico leader del nazionalismo ucraino che a un certo punto promise fedeltà a Hitler. Certo: la notizia, specifica la stessa autrice del pezzo, potrebbe non essere vera, ma poco importa dato che ormai è sdoganata la categoria del «verosimile», almeno quando si tratta di articoli anti russi.
Anche qualora fosse che i perfidi putiniani stiano distruggendo i libri, constatiamo con sollievo che in Ucraina sono ancora disponibili copie delle opere di Kant. Da Repubblica, infatti, abbiamo appreso che uno dei capi del battaglione Azov è solito declamare ai suoi soldati brani del filosofo tedesco. In effetti è una scelta molto appropriata, perché proprio da Kant originano certe idee atlantiche sulla pace perpetua da imporre affermando una visione unidirezionale e unipolare. Ma non è questo il punto. Ciò che conta, per Repubblica, è rimarcare la profondità culturale del guerriero di Azov, che permette di sorvolare sulle svastiche e le rune esibite dai suoi commilitoni. Nazisti che leggono Kant: sembra la parodia di un verso di Battiato. Più simile agli sketch di Corrado Guzzanti, invece, la tesi espressa giorni fa dall’Huffington Post: «L’Ucraina per difendersi usa anche i nazisti ma non è nazista». Un po’ come dire: «Nazisti! Chi li utilizza? Perché li utilizza? Utilizzatori di nazisti, su Rieducational Channel!».
Eppure la faccenda è serissima. Se non lo avete capito, infatti, qui il grande nodo da sciogliere non riguarda l’opportunità o meno di aumentare le spese militari o di inviare armi agli ucraini. Qui il punto è capire chi siano i nazisti e chi i partigiani: un dilemma su cui le migliori menti della sinistra (e non solo) si stanno scornando da giorni.
Per Sergio Cofferati, ad esempio, «la libertà va difesa, non si può dire sinistra quella che non è solidale con un popolo aggredito». Posizione interessante, condivisa persino, sul fronte opposto (almeno in teoria), da Giovanni Toti, secondo cui chi non sta con i resistenti ucraini non dovrebbe festeggiare il 25 aprile.
In questo fluire di entusiasmo bellicista a suscitare sconcerto è stata la posizione dell’Anpi, o comunque di una buona parte di essa. Il presidente Gianfranco Pagliarulo si è deo contrario all’invio di armi e ha invocato lo scioglimento della Nato. Tanto è bastato per farlo finire sulla graticola. Ieri, sulla prima pagina del Corriere della Sera, Aldo Grasso gli ha suggerito di cambiare mestiere, compiacendosi degli «schiaffoni» rifilati a Pagliarulo da Sergio Mattarella, Liliana Segre e dal presidente onorario dei partigiani Carlo Smuraglia (classe 1923). Quello del critico televisivo non è stato l’unico assalto. L’Huffington Post si è spinto molto oltre: «Segre e Smuraglia, partigiani veri: loro c’erano e quindi non sono equidistanti», ha titolato.
Tutte polemiche legittime, per carità. Risulta un filo curioso, tuttavia, che le stranezze dell’Anpi si scoprano soltanto ora. Non risulta infatti che l’associazione dei partigiani sia stata così tanto attaccata e delegittimata quando organizzava convegni negazionisti sulle foibe. O quando sfornava volantini per spiegare che la «nuova resistenza» era costituita dai militanti Lgbt che si battevano per il Ddl Zan. Nessuno si è fatto problemi, anni fa, quando alla guida dell’Anpi arrivò Carla Nespolo (morta nel 2020), che non aveva partecipato alla lotta partigiana. Finché c’era da rilanciare l’allarme fascismo e da accusare le destre italiane di essere reazionarie, razziste e nazistoidi, le grida scomposte dell’associazione resistenziale andavano benissimo. Ma adesso che l’Anpi entra in rotta di collisione col Pd, ecco che contestarla si può, anzi si deve. Allo stesso modo, ora che sono utili alla causa, pure con i nazisti e gli ultranazionalisti si può andare d’accordo.
Lezione utile: alla prossima polemica di Fanpage sulle «infiltrazioni naziste», ai partiti di destra basterà citare Kant e sarà tutto risolto.
di Francesco Borgonovo – La Verità