Capezzone: «Le realtà smonta le bugie anti Brexit. GB: economia a gonfie vele»
«Londra ha un ruolo centrale nel conflitto, non si limita a subire gli eventi. E può stringere accordi senza i diktat di Bruxelles», lo scrive Daniele Capezzone su La Verità.
«Ma come? Non vi avevano raccontato che, dopo Brexit, la Gran Bretagna avrebbe affrontato una sciagura dopo l’altra, tra un definitivo isolamento geopolitico e una devastante crisi economica? Ci vorrebbe un Requiem per i «competenti». Avevano detto, all’epoca del referendum (giugno 2016) che il «Remain» avrebbe stravinto: e invece trionfò il «Leave». Poi, avevano pronosticato che Boris Johnson non sarebbe mai diventato primo ministro: e invece siede a Downing Street (non senza problemi, va detto: e non tanto per le contestate riunioni durante il lockdown, ma perché non taglia le tasse come dovrebbe)».
«Poi avevano detto che Johnson, con i suoi modi ruvidi, non avrebbe mai strappato ai negoziatori di Bruxelles un’intesa più forte di quella – deludente e infatti rifiutata dal Parlamento britannico – ottenuta in prima istanza da Theresa May: e invece Johnson, minacciando la carta del «no deal», ha smontato le trincee di Bruxelles. Poi i nostri «esperti», per due anni, si sono sganasciati dalle risate sulla strategia anti Covid del Regno Unito, definendola (nei giorni pari) suicida e (in quelli dispari) assassina. Risultato? La Gran Bretagna ha cancellato tutte le restrizioni da luglio scorso (prima di ogni altro Paese) ed è tornata ai livelli di crescita economica pre Covid, si legge sulla Verità. E però, disse uno stizzito Sergio Maarella in una delle sue meno felici uscite di questi anni, polemizzando proprio contro Johnson, che noi italiani amiamo la libertà «ma anche la serietà». Come a dire che a non essere serio era lui, lo scapigliato premier britannico: meglio noi, si capisce, che stiamo ancora nelle grinfie di Roberto Speranza».
«Rileggere le previsioni economiche post Brexit degli ultimi anni fa tragicamente sorridere. Altezzosi report internazionali preconizzavano scenari nefasti: problemi con cibo, farmaci e carburante, rischio di disordini, cali del Pil fino all’8%, crollo della sterlina, deprezzamento degli immobili. Ovviamente, nulla di tuo questo si è verificato».
«I britannici – sottolinea Capezzone. – sono stati razionali nella loro scelta di uscire dall’edificio in fiamme dell’Ue. Hanno la sterlina; sono un membro permanente del Consiglio di sicurezza Onu; sono una potenza militare anche nucleare; la loro economia va complessivamente a gonfie vele. Uscendo, si sono resi liberi di negoziare accordi commerciali a 360 gradi: con gli Usa, con i Paesi legati al Commonwealth, con la stessa Ue, con i giganti asiatici. E senza dover chiedere il permesso ai burocrati di Bruxelles».