Sanzioni alla Russia: è come tagliarsi i testicoli per far dispetto alla moglie

La Russia non è isolata, può contare sull’appoggio di molti Stati. Le stesse aziende occidentali si rifiutano di lasciare il Paese. Che infatti non si piega, anzi rilancia. La sua moneta si riequilibra, il prezzo dell’energia sale ancora. E gli europei sono in difficoltà: la loro economia dipende da quelle forniture. Washington chiede di chiudere i rubinetti, ma sarebbe un suicidio.

Nella partita a scacchi sulle sanzioni ieri la mossa a sorpresa l’ha fatta Vladimir Putin. L’Europa, incalzata dagli Usa di Joe Biden, atteso stamattina a Bruxelles, sta decidendo l’imposizione di una nuova stretta, considerando che quella varata fin qui non ha messo in ginocchio il nemico come sperato, che sta diventando un boomerang anche per chi l’ha decisa e che molte aziende continuano a mantenere rapporti con la Russia, vedi i gruppi francesi Leroy Merlin, Auchan e Renault, accusati ieri anche da Volodymyr Zelensky al Parlamento di Parigi. E Mosca gioca in contropiede, annunciando che non accetterà più dollari o euro dai «Paesi ostili» per le forniture del proprio gas: l’unica valuta accettata sarà il rublo. Lo ha detto Putin, aggiungendo che il cambiamento riguarda soltanto la valuta di pagamento e non il contenuto dei contratti, che dunque continuerà a essere rispettato. Il governo e la Banca centrale russi hanno una settimana di tempo per risolvere la questione dal punto di vista tecnico. Ma l’effetto è stato immediato: il cambio tra euro e rublo è rapidamente passato da 112 a 107, mentre il rapporto tra dollaro e rublo è scivolato da 103 a 97,7.

L’obiettivo del Cremlino è infatti quello di sostenere la sua valuta, che peraltro negli ultimi giorni ha recuperato gran parte delle perdite subite nei primi giorni dell’invasione, di fatto mettendo i compratori di gas nel ruolo che la Banca di Russia svolgerebbe se non fosse stata tagliata fuori dai mercati. L’idea di Putin somiglia a quello che chiese di fare l’Iran pochi anni fa con il suo petrolio, che pretendeva fosse pagato in euro anziché dollari, o alla recente richiesta cinese ai sauditi di pagare il petrolio in yuan.

La tempistica non è casuale. Oggi la Borsa di Mosca – chiusa dal 28 febbraio – riavvierà le negoziazioni anche per le azioni, dopo che erano stati riattivati gli scambi di alcuni bond. Saranno riammessi i titoli di 33 società dell’indice Moex, con un divieto di vendite allo scoperto. Tra questi ci sono anche i colossi Gazprom e Sberbank.

Intanto, «la richiesta di pagamento in rubli ha fatto salire il prezzo del gas di 15 euro/MWh», ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo intervento in aula al Senato. Il suo consigliere economico, Francesco Giavazzi, ha fatto capire che non c’è alcuna intenzione di pagare in rubli, e che l’idea di uno stop all’import dalla Russia non è esclusa a priori, mentre la Germania ha immediatamente bollato l’idea del presidente russo come «violazione del contratto».

L’annuncio di Putin arriva alla vigilia della trasferta a Bruxelles di Biden, che oggi parteciperà a un summit straordinario della Nato, poi a un vertice del G7 e, infine, a una riunione del Consiglio europeo. Domani andrà in Polonia per un bilaterale con il presidente polacco, Andrzej Duda. Nel frattempo, il ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon, starebbe premendo sul presidente americano per varare una sorta di piano Marshall per l’energia che liberi l’Europa dalla dipendenza da Mosca e aiuti anche le aziende americane ad aumentare la produzione di gas, petrolio e altre risorse. La richiesta per un approccio «più aggressivo» sull’energia da parte di Biden è stata rivolta da Dimon lunedì scorso, durante un incontro a porte chiuse alla Casa Bianca con alti funzionari dell’amministrazione e altri 16 top manager delle principali banche e aziende petrolifere americane, tra le quali ExxonMobil, ConocoPhillips, Marathon Petroleum, Bank of America e Visa.

Di certo, la Casa Bianca spinge su quella che sarebbe la madre di tutte le sanzioni, ovvero un embargo sui prodotti russi dell’energia. Ma in Europa sono forti le resistenze. «La situazione della Ue non è la stessa rispetto a quella degli Stati Uniti», ad esempio riguardo il gas l’Europa è «molto più dipendente, ecco perché dobbiamo essere intelligenti. L’obiettivo è colpire la Russia, non è colpire noi stessi», ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in un’intervista alla Cnn. La Germania vuole chiudere la condizione di dipendenza dalla Russia sul piano energetico nel lungo periodo, «ma farlo da un giorno all’altro significa, per il nostro Paese e tutta Europa, precipitare in una recessione», ha detto anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, al Bundestag. Allineato il francese Richard Ferrand, presidente dell’Assemblée nationale, secondo il quale un embargo sul gas e sul petrolio russi «non è possibile. Non siamo pronti. Le sanzioni servono a indebolire il potere politico russo, non a punire i francesi o gli altri europei». La dipendenza dal gas russo è ancora più forte nel nostro Paese dove il peso delle sanzioni si fa già sentire: il premier non vuol parlare di recessione ma ieri il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha ammesso che «l’attività economica rallenterà, e per l’Italia la revisione rispetto alle ultime stime della Commissione europea (4,1%, ndr) potrebbe essere rilevante».

Ad accendere i prezzi ci sono poi il tema delle materie prime e le strozzature della catena logistica, che si era allungata tantissimo per via della globalizzazione. Un campo di battaglia dove saranno decisive le mosse della Cina, che proprio in questi giorni ha raggiunto con l’Algeria un accordo da 7 miliardi per la produzione di 5,5 milioni di tonnellate di fertilizzanti. Pechino e Mosca controllano molti Paesi africani che sono grandi produttori di materie prime. E nel nuovo schema del cosiddetto decoupling (sostituzione) tra Ovest ed Est, le commodities vengono utilizzate come armi. Senza dimenticare che la Russia si è creata nel tempo una specie di scialuppa di salvataggio cinese: ha una linea di swap con Pechino, ovvero un accordo tra le due banche centrali per lo scambio delle rispettive valute.
di Camilla Conti – La Verità

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