Lavoratori discriminati dall’obbligo. Draghi per paura del M5s non toglie soldi ai no-vax con il reddito di cittadinanza

Per la quinta volta in poco più di un mese il governo di Mario Draghi ha nuovamente cambiato le norme anti-Covid. Lo ha fatto ieri sera in un consiglio dei ministri tesissimo che fino all’ultimo ha dovuto fare mediazioni sulle norme da fare entrare in vigore. Alla fine all’unanimità è stato approvato l’obbligo vaccinale per 27.329.267 italiani, quelli che hanno più di 50 anni. Tutti debbono mettersi in regola con le vaccinazioni entro il prossimo 15 febbraio, servizio sanitario permettendo (non è detto che ci siano i vaccini per tutti quelli che ne hanno bisogno). Da quella data chi ha un lavoro dipendente e non è vaccinato perde lo stipendio fino a vaccinazione avvenuta o comunque fino al prossimo 15 giugno, mentre chi è senza lavoro non perde gli eventuali sussidi a cui ha diritto (Naspi, reddito di cittadinanza etc…) con una disparità di trattamento che potrebbe causare anche qualche problema di costituzionalità. In ogni caso essendoci l’obbligo per tutti i cinquantenni sia chi ha un lavoro che chi vive con i sussidi ma non è vaccinato dal 15 febbraio in poi è passibile di una sanzione amministrativa che va da 600 a 1.500 ed euro ed è ripetibile aumentata di volta in volta in caso di recidiva.

Altre norme introdotte estendono l’obbligo di green pass base (quello ottenibile temporaneamente anche con un tampone negativo) a tutti i fruitori di servizi pubblici e servizi alla persona: quindi per andare in banca o alle poste o in qualsiasi ufficio pubblico, come per recarsi dal parrucchiere o dall’estetista. Novità anche per la scuola: con un solo positivo nella struttura tutti a casa i bimbi degli asili nido e della scuola dell’infanzia. Alle elementari con un positivo tampone obbligatorio per tutti ma la scuola va avanti in presenza. Con due o più positivi invece si va in dad per 10 giorni. Infine per la scuola media e le scuole superiori con un caso di positività si va avanti tutti (meno il contagiato) in classe con obbligo di mascherina FFP2. Con due positivi in classe invece vanno in didattica a distanza solo chi non ha il vaccino o ha avuto le due dosi da più di 120 giorni. Tutti gli altri restano in classe in presenza. Se i casi invece salgono a tre, tutti in didattica a distanza per 10 giorni. Fin qui le norme. Ora le perplessità. Ci si divide sull’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni sia nel mondo politico che fra gli esperti. Durissimo ad esempio il giudizio di un virologo certo non “buonista” come Andrea Crisanti: “Siamo all’improvvisazione”, ha sostenuto, “L’obbligo agli over 50 non si può imporre senza una revisione del consenso informato. Questo diventa un obbligo terapeutico, è una novità assoluta nella sanità pubblica. Tra l’altro lo si impone a tutti, anche a persone che magari non ne avrebbero bisogno. E’ una autentica follia”. Ma ci sono anche altri dubbi sulle scelte del governo.

di Franco Bechis – Il Tempo

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