Il fallimento Green pass: inutile, discriminatorio e pericoloso
Spacciata come strumento di sicurezza, la card si è rivelata un fallimento. L’esecutivo però non lo ammette anche perché la burocrazia digitale consentirà di controllare i cittadini: dalle tasse, ai soldi fino alle multe.
Chiunque viva fuori dalla bolla dei Palazzi, da quella di Twitter e dalla rancorosa volontà di identificare a tutti costi capri espiatori del Covid, si è ormai reso conto che il green pass è un fallimento. Come la logica e il buon senso hanno da subito suggerito, non è uno strumento di libertà. Tant’è che i ristoratori, i proprietari di hotel, cinema e discoteche – illusi dalla speranza di salvare gli incassi e ingannati dal governo – hanno scoperto a loro spese che la carta verde non ha evitato le chiusure e quando l’ha fatto li ha messi in una condizione quasi peggiore di quella del 2020. Cioè aperti, ma senza clienti e senza indennizzi.
Lo storytelling sulla salvezza del vaccinato che circola munito di green pass si è anch’esso infranto contro la realtà, quando è stata annunciata la necessità di abbinare i tamponi.
Stessa disillusione con il recente decreto che crea il super mega green pass. Da fine gennaio chi ha solo due dosi sarà di fatto un no vax. Per andare in molti locali pubblici dovrà farsi prima il tampone e dimostrare di essere negativo. L’inganno promosso da molti partiti politici a cominciare da Pd e Forza Italia ha anche creato un finto appiglio psicologico (con vaccino e pass si esce dalla pandemia). Infrangere questa falsa sicurezza sta gettando milioni di italiani in una nuova centrifuga. Il risultato è il caos dei tamponi, i buchi nei tracciamenti delle amministrazioni pubbliche, le lunghe code. In pratica, un brusco ritorno con i piedi per terra. Molti italiani lo stanno assimilando, altri lo faranno e poi c’è un gruppo che tira dritto con la classica coazione a ripetere. Se i diktat statalisti non funzionano, il segreto – pensano – è applicarli in modo più rigido. Vale per la transizione ecologica. È valso per il modello comunista dell’Urss. In fondo è la stessa cosa. Non a caso Walter Ricciardi e Roberto Battiston, tecnici che se non ci fosse lo Stato non avrebbero un posto dove collocarsi al mondo, adesso spingono per il lockdown dei non vaccinati. Non spiegano che cosa sia esattamente (visto che il super mega green pass di fatto già li segrega) ma tanto basta per riavviare il loop del green pass. Con la differenza che a ogni giro di vite diventa più chiara la pericolosità del lasciapassare.
Se al primo giro ha contribuito a diffondere i contagi e a creare false illusioni, al secondo finirà col togliere le libertà di base anche a quelli che oggi sbavano contro i no vax, accusandoli di essere i soli untori.
Primi esempi concreti. La settimana scorsa il governo ha firmato un dpcm che impone ai positivi il blocco del lasciapassare. È un principio giusto e in linea con quanto ha sempre sostenuto La Verità. Peccato che finiremo per scoprire quanto la burocrazia digitale sia più pericolosa di quella tradizionale. Le strutture sanitarie sono ingolfate e non comunicano (o lo fanno con estremo ritardo) la positività di un cittadino alla piattaforma centrale che gestisce la blockchain. E quando arriva la segnalazione sono passati già molti giorni. Spesso arriva in concomitanza con la fine della quarantena. Lo stesso iter purtroppo si verifica per la riattivazione della card a fronte di un tampone negativo. Risultato, il cittadino resta bloccato nel limbo. Non potrà viaggiare e nemmeno andare al ristorante. L’unica speranza è che salti tutto il sistema e quindi nessuno più segnali alcunché. A questo punto perché insistere ulteriormente con il voler applicare a ogni nostro respiro la spunta verde del lasciapassare? Ci sono due motivi. Il primo è che il modello che tutti ci invidiano non funziona. Per la tribù di Roberto Speranza, dei tecnici del Cts e dei virologi ammetterlo vorrebbe dire perdere il potere. Vorrebbe dire rassegnare le dimissioni proprio nel momento in cui la supervisione democratica è ridotta al lumicino e da ministro si possono fare cose fino a poco tempo fa inammissibili.
Poi ci sono motivi che riconducono a Bruxelles. Su queste colonne ne abbiamo già scritto: il pass è fine a sé stesso. Non ha valenza sanitaria ma serve a creare una base dati utente che in futuro potrà essere utilizzata per mille funzioni. Attenzione, non è un incubo che esce dalla nostra testa. Si tratta dell’applicazione concreta della direttiva Ue di febbraio 2020, «Plasmare il futuro digitale dell’Europa». La Commissione ha rilasciato la strategia digitale, indicando azioni di massiccia informatizzazione che andranno fatte a tutti i livelli secondo il modello di «governo come piattaforma». Successivamente, agli inizi di giugno scorso, cioè nel pieno dell’iter approvativo del pass, c’è stato l’annuncio della creazione di portafogli europei di identità digitale, cioè certificazioni personali da conservare su wallet sotto forma di Qrcode. Vi ricordano qualcosa? Sì, il green pass. Lì passerà l’euro digitale, ma anche il semaforo rosso per chi non avrà pagato una multa o una tassa. Chi porta avanti il progetto sa come sfruttare l’ideologia di Speranza & C. Quanto il ministro sia consapevole non sappiamo. Ciò che purtroppo è certo è che un green pass è per sempre.
di Claudio Antonelli – La Verità