Covid, Virologa Tacconelli: «un’ora di flebo con anticorpi monoclonali e il virus sparisce. In Veneto li usiamo»

Come spiega Evelina Tacconelli, dell’università di Verona, i monoclonali sono stati «adottati su migliaia di pazienti fragili. Entro 72 ore dal test positivo congelano la malattia». Perché l’Italia non li usa e li lascia scadere?

«Una sola dose di anticorpi monoclonali, somministrata al paziente con Covid-19 nei primi tre giorni di infezione, in una sola ora riduce di oltre l´80% il rischio di ricovero ospedaliero: non solo evita la malattia severa, quindi la terapia intensiva o addirittura il decesso, ma costa infinitamente meno di un ricovero. Eppure in Italia in alcune regioni i monoclonali non sono stati utilizzati, addirittura sono stati trasferiti in altre regioni per evitare che scadessero». Così nel corso di un’intervista rilasciata all’Avvenire da Evelina Tacconelli, professore ordinario di Malattie infettive e direttore della clinica di Malattie infettive dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona, responsabile del gruppo di ricerca sulle infezioni resistenti agli antibiotici dell’università di Tübingen in Germania.

Uno spreco incomprensibile al quale Tacconelli ha detto no. «Chi è positivo ci contatta, lo valutiamo clinicamente e se pensiamo che per lui i monoclonali possano essere utili gli diamo immediatamente l’appuntamento. Da noi basta una telefonata per ricevere la terapia e tornarsene a casa poco dopo con un’altissima probabilità di non sviluppare il Covid-19». Dunque guariti. Stanno quindi arrivando «anticorpi monoclonali in grado anche di fare prevenzione prima del contagio; e altri ancora potranno essere utilizzati subito dopo un possibile contagio, sempre per prevenire».

I monoclonali costano circa 1.500 euro e prevengono ricoveri che allo Stato costano decine di migliaia di euro a paziente, quindi per quale motivo non vengono usati?

All’estero, infatti, i monoclonali si usano di più, soprattutto in alcuni Paesi europei e in regioni dell’America e del Canada. «Visto che contro il virus SARS-CoV-2 ad oggi esiste un armamentario terapeutico estremamente limitato – racconta l’esperta –, appena il ministero della Salute ed Aifa li hanno autorizzati in via emergenziale, noi abbiamo ritenuto indispensabile utilizzarli. Sottolineo che sono stati messi a disposizione da Aifa gratuitamente per tutte le regioni. E colgo anche l’occasione per sottolineare di non avere, né di aver mai avuto, alcun rapporto con le case farmaceutiche che producono monoclonali. Tengo a precisarlo perché il rapporto case farmaceutiche-medici non è ancora abbastanza chiaro in Italia, e necessita con urgenza di una rivalutazione a livello ministeriale per evitare un utilizzo improprio delle nuove molecole prodotte, come per esempio i nuovi antibiotici. Detto questo, la rapida scoperta dei monoclonali ci ha fornito rapidamente un farmaco che ha un impatto clinico enorme, soprattutto sul paziente fragile, e il giorno stesso che è uscita la delibera siamo partiti. La Regione Veneto inoltre ha ampliato i criteri per selezionare i pazienti da trattare, quindi abbiamo diffuso il numero di telefono da chiamare nel caso si abbia un tampone positivo: è essenziale però che la terapia venga effettuata entro 72 ore dalla comparsa dei sintomi. Il sistema funziona se c’è totale collaborazione con la medicina territoriale e con il medico di medicina generale, che per primo segnala al nostro ambulatorio i pazienti più fragili. E’ una grande soddisfazione ricevere le loro telefonate quando sono guariti».

Ovvio che non è pensabile il fatto di sostituire il vaccino con i monoclonali. «L’arma più potente che abbiamo continua a essere il vaccino – sottolinea Tacconelli –. Però c’è una buona notizia: sono in arrivo, dopo la conclusione degli studi di approvazione in numerosi Paesi europei e americani, nuovi monoclonali che agiranno anche per la prevenzione, cioè saranno utili sia prima di un tampone positivo che dopo, pre-esposizione e post-esposizione. Sarebbero importantissimi in particolare per i trapiantati che, sebbene vaccinati, hanno un alto rischio di non risposta. Alcuni studi dimostrano che la protezione preventiva data da questi nuovi monoclonali dura da minimo 4 settimane fino ad alcuni mesi. Però attenzione, non sono comparabili alla durata della protezione data dal vaccino».

di Monia Sangermano – Meteoweb.eu

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