Covid, studio statunitense: non vaccinate i minori, in aumento miocarditi e pericarditi
Franco Locatelli e pediatri spingono per le iniezioni agli under 12. Ma non esistono informazioni sugli effetti a lungo termine. Contrario Francesco Vaia (Spallanzani): «Più rischi che benefici». E dagli Usa un allarme: negli ultimi mesi c’è stato un aumento di miocarditi e pericarditi.
Francesco Figliuolo scrive alle Regioni: dal 16 dosi a tui i giovani (12-18) che si presentano agli hub.
Sotto a chi tocca. E se ha meno di dodici anni poco importa. «Io ritengo sia necessario vaccinare anche i più piccoli» afferma Franco Locatelli, coordinatore del Cts. Il professore è quello che a maggio aveva affermato che il rischio Covid per i giovanissimi era «contenuto se non irrilevante». Allora specificava che il prezzo «pagato in termini di vite perse nella popolazione pediatrica è stato di 19 pazienti sotto i diciotto anni e spesso c’era una patologia concomitante», mentre pochi giorni fa si è dichiarato oltremodo preoccupato perché «i deceduti sotto i 19 anni in Italia sono a oggi 28». Nove decessi in più tra giovanissimi da inizio epidemia tolgono il sonno a Locatelli, pure presidente del Css, il Consiglio superiore di sanità. Ieri sul Messaggero alzava il tiro: «Vaccinando i bambini eviteremo focolai anche nelle scuole elementari e dunque il ricorso alla didattica a distanza. Limiteremo la circolazione del virus e la possibilità che contagino genitori e nonni».
Locatelli vuole vaccinare anche i bimbi delle materne, potesse chiederebbe ai lattanti di alzare il braccino per la punturina. Cita studi nei quali per gli adolescenti il rischio di sviluppare miocarditi, un’infiammazione del tessuto muscolare del cuore, se infettati dal Covid sarebbe di gran lunga superiore a quello conseguente la vaccinazione. Però tralascia di precisare che il rapporto è tra un caso di Covid e una vaccinazione, non con un siero all’anno come ci stanno iniziando a prospettare il direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini e il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Uno studio pubblicato il 4 agosto sull’autorevole rivista scientifica Journal of the american medical association (Jama) segnala che in quaranta ospedali di Washington, Oregon, Montana e Los Angeles County, California, «dopo la vaccinazione contro il Covid-19 sono state osservate due distinte sindromi autolimitanti: miocardite e pericardite. La miocardite si era sviluppata rapidamente nei pazienti più giovani, soprattutto dopo la seconda vaccinazione. La pericardite ha colpito i pazienti più anziani più tardi, dopo la prima o la seconda dose».
Il numero medio mensile di casi di miocardite o miopericardite durante il periodo pre vaccino era 16,9 rispetto al 27,3 registrato durante il periodo vaccinale. Il numero medio di casi di pericardite durante gli stessi periodi era 49,1 e 78,8. Lo studio di George A. Diaz, esperto infettivologo, suggerisce che è in corso «una sottosegnalazione degli eventi avversi del vaccino». D’altra parte, un sintomo di lieve miocardite/pericardite può limitarsi all’affaticamento grave. Nei trial di Moderna (prima di ottenere da Ema l’autorizzazione condizionata) riferiti alla fascia 18-64 anni, l’affaticamento grave si è verificato nel 10,7% dei casi, in quello di Pfizer nel 3,8% dei vaccinati, ma probabilmente era una sottostima perché le reazioni avverse con i due vaccini sono simili nella sorveglianza attiva dei Cds statunitensi. V-safe, tra l’altro, rileva che un ragazzo su quattro ha reazioni gravi, per qualche giorno non riesce a studiare, lavorare, svolgere ogni attività.
Solo se un campione di questi affaticati gravi verranno svolte ricerche mediante ecografia, risonanza magnetica, con esami idonei in grado di evidenziare se nel sangue ci sono alcune proteine normalmente contenute nelle cellule miocardiche (come la troponina), si potrà capire quanti hanno sviluppato una miocardite e/o pericardite.
Limitarsi a dire che si tratta di «un eccesso di risposta infiammatoria in seguito allo stimolo vaccinale», come aveva sostenuto su Repubblica Alfredo Marchese, presidente della Fondazione Gise, la Società italiana di cardiologia interventistica, non tranquillizza affatto. Le infiammazioni a livello cardiaco possono lasciare segni e ripresentarsi nel tempo.
Sempre l’organo ufficiale della American medical association, il 10 agosto segnalava: «La miocardite associata al vaccino Covid-19 può avere un decorso benigno a breve termine nei bambini; tuttavia, i rischi a lungo termine rimangono sconosciuti». Nelle conclusioni, Jama avvertiva che «sono necessari studi più ampi con un follow-up più lungo». Lascia perciò interdetti l’appello della Società italiana di pediatria: «Abbiamo bisogno di un vaccino sicuro, efficace. Di uno scudo con cui difendere anche i nostri bambini da questo terribile virus». I medici infantili dichiarano che nel nostro Paese si sono contati 240.105 casi di infezione e 14 decessi fino ai 9 anni e 436.938 casi con 16 decessi tra i 10 e i 19 anni.
Dobbiamo preoccuparci? Facciamo un salto indietro, ricordiamo che cosa si diceva a febbraio 2018: «Da settembre ad oggi, ben 11 bambini sotto i 14 anni, sono morti a causa del virus». Non era Covid, bensì influenza e in base ai dati dell’Iss veniva precisato che «gli undici bambini e ragazzi con meno di 14 anni deceduti presentavano tutti condizioni di rischio». Non per questo fu messa in atto una campagna vaccinale forzosa, come si sta profilando da settembre anche sui minori per arrestare un Covid destinato a diventare endemico.
Per fortuna qualcuno mostra ancora buon senso. «Sono assolutamente contrario alla vaccinazione degli under 12», ha detto ieri Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Inmi Spallanzani perché «nei bambini è statisticamente irrilevante non solo il contagio ma anche la malattia. In questo caso quindi la bilancia rischio beneficio penderebbe tua sulla parte del rischio». Anche Angela Nava, presidente nazionale del Coordinamento genitori democratici è stata chiara: «Non venga in mente a nessuno di introdurre l’obbligo per i minori».