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Vogliono obbligare i minorenni al vaccino

Maria Cristina Messa prima minaccia gli studenti degli atenei («Niente esami per chi non ha il certificato»). E poi parla, senza averne il titolo, di under 18. Una fascia di popolazione esentata anche dai Paesi produttori del farmaco.

La crociata dei bambini. È la nuova frontiera del green pass all’italiana, quella che allarma di più istituzioni, mondo sanitario indipendente e genitori, per ora quasi tutti in silenzio un po’ per incredulità, un po’ per paura di essere posti ai margini della cosiddetta «società civile». Una messa al bando lieve che impedisce di alzare la testa e dire: «È una follia». I vaccini under 18 non vengono presi in considerazione neppure nei paesi produttori come Stati Uniti, Germania, Inghilterra. La prudenza ha due motivazioni: l’incidenza infinitesimale del virus sui minori e la quasi totale assenza di riscontri oggettivi sulle conseguenze. Obiezioni che in Italia non valgono, come ha affermato il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, in un paio d’interviste molto inquietanti.

«Gli universitari devono vaccinarsi, vedremo se obbligare anche gli under 18», titola La Stampa. È un’uscita clamorosa, virgolettata e non smentita, della responsabile fin qui più silenziosa del governo di Mario Draghi, che in 24 ore finisce in prima pagina con una boutade che fa discutere. Precisa ancor meglio il ministro: «Bisogna seguire l’evoluzione dell’epidemia e su quella base decidere se rivedere le misure adottate ed estendere l’obbligo anche agli studenti al di sotto dei 18 anni». I problemi suscitati sono due, uno di metodo e il secondo di merito. Messa dimentica che occuparsi dei minori non è di sua competenza. È come se il ministro dell’Economia, Daniele Franco, spiegasse la strategia italiana per arginare l’avanzata diplomatica turca in Libia o Roberto Speranza aprisse un dossier sulla riapertura dell’Ilva di Taranto. La signora riconduce tutto al potere supremo del Consiglio dei ministri ed entra nel merito di un tema delicatissimo sul quale non c’è unanimità neppure a livello internazionale. Parla di obbligo vaccinale che per legge non esiste e con un salto logico da Gimbo Tamberi arriva a ipotizzare il coinvolgimento dei minorenni.

Lei allarga il fronte come se non ci fossero obiezioni. Eppure gli scienziati della Gran Bretagna hanno già espresso la loro contrarietà alla somministrazione del siero agli under 18, esattamente come i loro omologhi tedeschi. In Italia, tra 0 e 19 anni ci sono stati 26 decessi su 10,5 milioni di persone, ovvero uno su 500.000. I giovanissimi non hanno quasi mai contratto la malattia in modo grave e rischiano poco, mentre sono ignote le conseguenze del vaccino. Lo stesso Silvio Garattini, luminare e presidente dell’Istituto Mario Negri, ha sottolineato: «Non sappiamo nulla su effetti collaterali e tossicità. Quando avremo più dati, avremo anche più tempo per decidere ed evitare eventuali danni che oggi non conosciamo». Edoardo Missoni, medico specialista in medicina tropicale, ha aggiunto: «La contagiosità è molto bassa, la suscettibilità all’infezione molto bassa. Ma i più giovani possono avere potenziali conseguenze negative e in età successiva possono essere più suscettibili ai farmaci». Perplessità analoghe hanno gli scienziati americani guidati da Anthony Fauci, i quali, pur sotto l’incalzare delle case farmaceutiche, hanno indotto il presidente Joe Biden a una frenata strategica.

La fuga in avanti di Maria Cristina Messa allarma e sorprende, ma fino a un certo punto. Allargare l’orizzonte vaccinale è lo scopo primario del governo Draghi sotto scacco del ministero della Salute e del Comitato tecnico scientifico, di conseguenza obbligare più italiani possibile a dotarsi di green pass è diventato un mantra. Rientrando nel suo specifico, il ministro è soddisfatto per l’adozione del passaporto verde nelle università, non solo per personale di supporto e docenti ma anche per gli studenti. «Gli universitari devono vaccinarsi. Senza l’obbligo il rientro non sarebbe avvenuto nella massima sicurezza», tiene il punto. Ma il messaggio è fuorviante perché l’obbligo continua a non esistere. Sembra che l’esecutivo, nell’impossibilità costituzionale di giungere ad un obbligo vaccinale per legge, voglia surrettiziamente arrivare ad una imposizione de facto laddove non c’è de Jure. È il solito escamotage semplificatore.

Chi non si vaccina ha comunque il diritto di entrare in università perché è guarito dal Covid o perché è in possesso di tampone negativo. Identica situazione per gli esami in presenza. Il ministro Messa sottolinea in un’altra intervista al Messaggero che «molti atenei lo hanno previsto, senza il certificato non si potranno fare gli esami». E il diritto allo studio? Anche qui nessuno può impedire ai ragazzi di dotarsi dell’alternativa tampone. Tutto ciò in attesa di raddrizzare le curve sui diritti costituzionali, vero tallone d’Achille del green pass universale globale «che ci ridà la libertà».

La Messa è finita, ma si scontra con i primi dissapori all’interno di scuole e atenei, dove i dirigenti scolastici hanno preso malissimo l’ipotesi di sanzioni fino a 3.000 euro a carico di chi non si assicura che i docenti siano in regola con il salvifico lasciapassare. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: «È inaccettabile che ai dirigenti non siano assegnate le risorse umane che chiediamo da tempo per assolvere i compiti richiesti». Maddalena Gissi, Cisl Scuola, polemizza: «Così il ruolo cambia e il preside diventa ispettore della salute». Non tutti si fanno trovare sdraiati a scendiletto. Per ora la protesta è civile, responsabile. In attesa che parta la caccia ai minori.

di Giorgio Gandola La Verità

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